venerdì 31 luglio 2015

Eccoci arrivati alla nostra rubrica del venerdì. Ricordate questo splendido goal? Ogni volta che lo riguardo mi viene la pelle d'oca. E la pelle d'oca veniva anche al nostro Jimmy Marconi che di fronte a tutto il bar Leo aveva giurato che un giorno anche lui avrebbe segnato un goal così. Avrà mantenuto la promessa?


CONSIDERAZIONI NOTTURNE E DINTORNI







Quando le telecamere di Sky lo inquadrano valuto che Jimmy Marconi non è poi cambiato un granché. Certo, ora ha due stempiature che sembrano le piste di atterraggio di Fiumicino e un bel faccione gonfio da antidepressivo triciclico. Però con quegli occhi celesti, il naso alla francese e la bocca carnosa per me rimane sempre e comunque l’Alain Delon del Bar Leo, anche se sono passati parecchi anni.
Che poi in realtà a Borello era conosciuto da tutti come Il Bomber.
Mi sembra di sentire ancora il rombo della sua Cagiva Mito che inchioda davanti al Bar Leo e lui che scende con una delle sue fighine, come chiamava quelle ragazze da sballo che si portava dietro.
E le fighine erano uno dei suoi chiodi fissi. Ogni volta che vedeva me e il mio gruppo di dodicenni segaioli spolettare tra flipper e biliardino ci chiedeva, Qualche fighina?, e noi sconsolati scuotevamo la testa e allora lui ci diceva, Non è che mi diventate froci?.
Ma il grande chiodo fisso del Bomber era il calcio. A dire il vero era un fenomeno e il suo grande sogno era di giocare nella Juventus. Gli anziani di Borello sentenziavano che un ragazzo così talentuoso in vita loro non l’avevano mai visto ed erano convinti che forse forse era più forte anche di Roberto Baggio. Vi assicuro che il sabato pomeriggio quando giocava Il Bomber le tribunette del campo sportivo erano gremite. Gli spettatori venivano anche da fuori per godersi questo ragazzo di diciassette anni, bello come Alain Delon, che deliziava la platea con colpi di tacco, rabone, sombreri e goal da cineteca.
Poi una domenica di settembre, era il lontano ’89, al Bar Leo eravamo tutti a bocca aperta di fronte a “Novantesimo minuto” mentre Baggio con la maglia della Fiorentina saltava come birilli i giocatori del Napoli fino a depositare il pallone in rete. Al termine del servizio Il Bomber prende la parola e promette di fronte all’intero parterre, Un giorno farò anch’io un goal così!
E l’occasione per mantenere quella promessa era arrivata durante la partita più importante della sua ancora breve carriera: la finale regionale Cesena – Borello. Non si era mai vista così tanta gente da queste parti come quel giorno, tra tifosi accalcati sulla tribunetta e attorno al campo, talent scout del Cesena e di altre squadre di serie A in giacca e cravatta, occhiali da sole a goccia e sigaretta in bocca. Il nostro Bomber sta giocando una partita meravigliosa e mancano una manciata di minuti al termine con il risultato inchiodato sul 2 a 2. Ecco che prende palla dalla propria area di rigore e scarta uno dopo l’altro i difensori avversari, di fronte ormai c’è solo il portiere e il nostro lo salta con un doppio passo da campione. Avrebbe segnato un goal storico se un difensore non fosse intervenuto in scivolata impedendogli di siglare la rete della vittoria ma soprattutto fratturandogli tibia e perone. Mi sembra di sentirle ancora le urla demoniache del Bomber tanto che qualcuno del pubblico proponeva di chiamare un esorcista ancor prima che un’ambulanza.
E da quel drammatico giorno Jimmy Marconi qui a Borello non si è più visto, si diceva che subito dopo il grave infortunio fosse sprofondato in una forte crisi depressiva e la famiglia si fosse trasferita in una città di mare.
Non si è più visto, almeno fino a oggi.
Infatti sto guardando su Sky Juventus – Cesena mentre un giocatore della Juve sta sistemando la sfera per battere una punizione. E’ proprio in quel momento che un tifoso a petto nudo e con la pancetta sfugge ai controlli, si presenta in campo, si impossessa della palla e scatta con un’eleganza da campione verso la porta difesa dall’estremo difensore del Cesena. Spuntano stewart e poliziotti da ogni dove ma lui li dribbla tutti e dribbla anche il portiere con un doppio passo che mi ricorda qualcuno e infine deposita la palla in rete. Non fa in tempo a esultare che le forze dell’ordine gli saltano addosso e lo riempiono di botte. La curva della Juve fischia contro i poliziotti, vorrebbe concedere il giusto tributo a quel tifoso così talentuoso e addirittura mi sembra di sentire un coro: Bom-ber Bom-ber!
Quando i cameramen lo inquadrano e i telecronisti gli danno del delinquente io invece vorrei ringraziare il nostro Bomber per i due insegnamenti che oggi mi ha regalato.
I sogni prima o poi si avverano, basta crederci.
C’è ancora chi mantiene le promesse.
Grazie Bomber!

mercoledì 29 luglio 2015

Eccoci all'attesissima rubrica del mercoledì in compagnia dei nostri agguerriti vecchietti. Oggi ne sentirete delle belle.


SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA MEGLIO


Oggi qui nella sala polivalente della casa di riposo ad Runcfrèdd si toccano temi importanti e profondi. Infatti dopo aver letto un articolo su un matrimonio tra due ultraottantenni lancio il tema di giornata: l’amore over 80 può esistere?
Mi aspetto un’esplosione di sentimentalismo, di ricordi romantici e sono pronto anche a commuovermi e ad abbracciare i miei vecchietti in preda alla malinconia.
“E’ una cosa sciocca, i vecchi devono fare i nonni e basta!” sentenzia la signora Irma.
“Quindi secondo te non ci può essere l’amore a ottant'anni?”.
“Mmmm” ci pensa su e specifica, “magari un bacino sì ma che faccino proprio l’amore no, magari le carezze”
“Ma non ce la fanno più!” interviene la signora Giuliana con la sua frangetta alla Ringo Starr.
“Non ce la fanno a fare cosa?” le domando tra il serio e l’ingenuo.
“A fare l’amore” e accompagna l’affermazione con il gesto della mano e il fischio. 
“Ma è la donna che non… o è all’uomo che non… ci siamo capiti vero?” e strizzo l’occhio.
Ci riflette e fa, “Un po’ tutti e due”.
“A quell’età cosa vuoi che faccino!” salta nuovamente su la signora Irma con i suoi proverbiali congiuntivi, “All’uomo anziché andare su va giù”.
“Al massimo lo fanno dentro la bara” si intromette la signora Loretta.
“Mamma mia come sei macabra” le dico io.
“Quindi, ora che avete più di ottant’anni l’amore voi non lo fareste più?” sintetizzo.
“Con te sì”, è la signora Giuliana a parlare.
“Peccato che sia già impegnato, altrimenti un pensierino ce lo farei” e le strizzo l’occhio, “Quindi con me sì e con uno di ottant’anni no?”.
“Certo! A ottant’anni sono vecchi e puzzano!”.
“E si pisciano addosso” rincara la signora Irma.
“Va là donne, che il mio va su di quel po’!”, è Piero a tenere alto l’orgoglio maschile.
“E’ seee” lo sfida la signora Irma.
“Chiedilo a quelle donne com’è il mio alla mattina!” e indica le due operatrici che stanno preparando la merenda, “E poi al massimo ci butto su qualche pasticca di viagra e via andare”.
Dall’angolo delle signore fioriscono sorrisetti ironici e si alzano borbottii denigratori.
“Io l’amore l’ho trovato qui” è la principessa Ada con la sua solita eleganza a prendere la parola.
“Ah sì? E chi è?” domando tutto curioso.
“Questo signore qui” e appoggia con delicatezza la mano sulla spalla di Marinelli Aldo un novantenne, ex muratore, ipovedente, il look alla Lex Luthor e la convinzione di trovarsi in un cantiere a Roncobilaccio. 

lunedì 27 luglio 2015

Eccoci arrivati alla nostra rubrica del lunedì. Cosa sarà successo a Simone dopo la resa dei conti con il poco raccomandabile rivale in amore?

 
LO PSICOLOGO NON SERVE A NIENTE?
 
Seconda parte
 

Quando Simone fa il suo ingresso allo Sportello con la solita spallata da rugbista allo stipite prima tiro un sospiro di sollievo e penso, “Per fortuna è ancora vivo”, quindi lo squadro dalla testa ai piedi e constato che non presenta segni di risse. Insomma sembra tutto intero.
Dopo aver fatto carambolare come da rito la sedia a terra mi fa, “Allora Psicologo vuoi sapere com’è andata?”.
“Certo e ti dico la verità, ero molto preoccupato”.
“Preoccupato per me?” e fa un sorriso da duro, “Non lo è nemmeno mia madre… e ancora di meno mio padre che è in Australia da un anno e figurati quanto gliene frega se anche faccio a botte con un marocchino pregiudicato”.
“Mettiamola così, ti sembrerà strano ma io ero preoccupato” puntualizzo.
“Ma per voi psicologi quando avete finito e uscite da qui noi non esistiamo più, avete la vostra vita e stop”.
“Non sempre è così, fidati”.
“Sarà Psicologo” sospira con un’espressione poco convinta, “Ma lo vuoi sapere o no com’è andata?”.
“Certo, sono tutto orecchie”.
“Non ci crederai ma ho pensato alle parole che mi hai detto e ho preso le mie precauzioni. C’è un mio amico, Rava, che abita in un palazzone al quarto piano e dal suo balcone si vede tutto il parchetto. Così in tre, tra cui il padre di Rava, si sono piazzati lì con il binocolo pronti a dare l’allarme a un commando armato di altri cinque amici trentenni del mio bar nascosti proprio vicino al parchetto”.
“Un piano perfetto” faccio io.
“Puoi dirlo Psicologo, tanto sapevo che quel codardo non era da solo e infatti quando arrivo là è seduto con altri quattro che si stanno passando un cannone”.
“Non dirmi che non te la stavi facendo sotto” gli sorrido.
“Farmela sotto io? Naaa! Te l’ho detto, al massimo ci beccavo un paio di pugni. Comunque appena mi vede Ramì si sgancia dai suoi scagnozzi, viene verso di me e mi si piazza a due centimetri dalla bocca tanto che per un attimo ho pensato che mi volesse mettere la lingua in bocca dal tanto che era fatto”.
“Scusa sono un po’ fuori dal giro, cosa significa fatto?”.
“Dai era cannato duro” mi fa scocciato quindi continua, “Bé, sono lì che aspetto di ricevere il mio bel cazzotto in faccia e invece cosa fa quello? Mi abbraccia! Certo non come ti abbraccia una morosa, infatti mi stringeva un po’ il collo. A un certo punto mi chiede, la ami? e io gli rispondo, mi piace. Allora lui stringe un altro po’ la presa e mi fa, io Alessia te la lascio ma ricordati che se la fai soffrire ti ammazzo!, e poi mi molla ma prima mi dice, non so cosa ci trova Alessia in un coglione come te”. Io gli volevo rispondere, e in un rifiuto umano come te cosa c’ha trovato?, ma poi ho pensato che non ne valeva la pena” e sorride sardonico.
“Meglio và! Quindi tanto rumore per nulla… ma tu questa Alessia la ami?” lo provoco.
“Mi piace, niente di più” e fa spallucce come un vecchio e navigato lupo di mare, “ma lo dovresti sapere anche te Psicologo che a quindici anni l’amore non esiste”.
 

venerdì 24 luglio 2015

Eccoci giunti alla rubrica del venerdì. Da quel pomeriggio al giardino dei ciliegi la vita di Valeria è cambiata. 



CONSIDERAZIONI NOTTURNE E DINTORNI

Quinta (e ultima) parte

Valeria si sveglia di colpo in un bagno di sudore ancora con quella tremenda sensazione di soffocamento. La luce della sveglia proiettata sul soffitto dice che sono le tre. Di nuovo quel sogno, lei al giardino dei ciliegi stesa a terra, la Casadei e la Bellini che le bloccano braccia e gambe mentre Eloisa sta per infilare il bastone proprio là. E quel bastone ogni notte, diventa sempre più grosso.
Ora spalanca le imposte e divora l’aria come una bulimica il cibo. Pensare che c’è una luna bellissima e Valeria ha sempre adorato la luna. La scorsa estate rimaneva ore a fissarla stesa sulla sdraio in cortile con il suo ipode e le canzoni dei Modà a tutto volume. E mentre riascoltava per la centesima volta la sua preferita, “Tappeto di fragole”, pregava Dio che Roby, il ragazzo di Bologna del Bagno Delfino, si accorgesse finalmente di lei.
Quante cose sono cambiate da quel terribile pomeriggio al giardino dei ciliegi. E’ passato un mese e la sua vita è precipitata in un pozzo nero, senza fondo.
Quelle tre bastarde continuano ogni giorno a mandarle messaggi minatori, Se dici qualcosa ti ammazzo!, oppure, Prima o poi ti ribecchiamo brutta cicciona non meriti di vivere!, o ancora, Ci stiamo divertendo a guardare il video con i nostri amici.
Già, perché hanno tra le mani quel video e Valeria sa che sarebbero anche capaci di farlo girare in rete.
Infatti non si limitano a inviarle messaggi sul cellulare, infieriscono con insulti anonimi anche su Ask dove centinaia di persone possono leggere. Un giorno hanno pubblicato questo post, Quella obesa di Valeria Santi si fa ancora la pipì addosso!
Sa che dovrebbe cancellarsi da quella merda di social network ma è più forte di lei, ogni sera si collega come se volesse farsi del male perché in qualche modo si sente in colpa e si fa schifo.
E Valeria non ne ha parlato con nessuno, tantomeno con papà e mamma. Loro hanno già mille problemi, tra il lavoro e il fratellino di tre anni che dà parecchio da fare.
Ma quando l’altro giorno la prof di italiano ha telefonato a casa chiedendo se Valeria fosse ancora malata visto che da quasi un mese non si presentava a scuola, ai suoi è  venuto un mezzo infarto. E non tanto perché quelle assenze nel momento decisivo dell’anno avrebbero potuto compromettere la promozione, la loro bambina infatti è la più brava della classe, quanto perché quella figlia così ligia improvvisamente era diventata una bugiarda e temevano si fosse cacciata in brutti giri.
Proprio così, Valeria da quel pomeriggio al giardino dei ciliegi non era più andata a scuola. La prima settimana aveva simulato degli atroci mal di pancia fino a che sua mamma, pensando fosse diventata una scusa, l’aveva quasi trascinata alla fermata dell’autobus ma lei anziché aspettare il 94 era salita sul 3 che l’aveva portata fino a Forlì e una volta lì si era rifugiata nel centro commerciale “Punta di Ferro”. Lo stesso aveva fatto le mattine successive.
E l’altra sera a tavola quando papà le ha chiesto, “Che ti sta succedendo? Siamo molto preoccupati per te”, Valeria non se l’è sentita di dire la verità, non avrebbe retto la vergogna, così ha risposto solamente, “Ho deciso di cambiare scuola”.
Allora mamma ha tirato fuori un biglietto da visita con il nome di uno psicologo, l’ha allungato alla figlia quindi le ha detto, “Ci piacerebbe che facessi due chiacchiere con lui, è uno bravo e lavora da tanti anni con i ragazzi”.
Ora Valeria richiude le imposte, il respiro sembra tornato a regime ma il magone resta lì, come un gomitolo di lana incastrato in gola. Si dirige in bagno, prende la lametta dalla specchiera e si siede sul bidet. Slega le bandane con cui da un mese si avvolge i polsi e osserva i tagli, alcuni stanno cicatrizzando, altri sono ancora freschi e arcuati come dei sorrisi. Affonda la lametta sulla pelle ma ormai è troppo usurata e lascia solo qualche segno superficiale. Quando va per gettarla vede in fondo al bidone il biglietto da visita dello psicologo che ha buttato proprio prima di andare a letto dopo averlo spezzato a metà. Lo raccoglie e lo ricompone, il numero si legge ancora.    



mercoledì 22 luglio 2015

Eccoci prontissimi con la rubrica del mercoledì. Oggi siamo in compagnia della "principessa" Ada.


SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA MEGLIO


Da una decina di giorni qui nella casa di riposo ad Runcfrèdd abbiamo una new entry, la signorina Ada. E dovreste vederla, anzi sentirla, quando a dispetto dei suoi 94 anni suonati, cammina avanti e indietro per il corridoio trascinando il suo girello che sferraglia come una di quelle vecchie diligenze del far west.
La signorina Ada è così secca e si nutre così poco che per me è affetta da una forma senile di anoressia. Però una signorina così elegante, quasi principesca, qui a Runcfrèdd vi giuro non si era mai vista. Abbinamenti di colori sempre appropriati, smalto rosso sulle unghie dei piedi e delle mani, trucco delicato e un caschetto biondo, non scherzo, alla Caterina Caselli con un unico difettuccio: una prepotente ricrescita bianco/grigia. Non per niente la prima domanda che mi ha rivolto la signorina Ada quando è atterrata qua dentro è stata, “C’è una parrucchiera?”.
Comunque oggi, qua nella sala polivalente, coram populo le chiedo, “Cara signorina Ada”, non so perché però mi viene spontaneo darle del lei, e non mi è quasi mai successo, “come si trova qui alla corte ad Runcfrèdd?”.
“Divinamente” mi risponde, “anche se…”.
“Anche se?”.
“Anche se prima di entrare pensavo che questi ospizi fossero poco accoglienti e ci fossero solo dei vecchi come me e non dei bei giovani come lei” mi fa strizzando l’occhio.
“La ringrazio Ada” e quasi mi viene da inchinarmi come di fronte a una principessa.
“E’ tutto così spazioso, comodo, il personale è così gentile e poi ci sono degli inquilini così deliziosi” e indica la platea dei nostri vecchietti che non sembrano, a parte un paio, per nulla interessati a quella lusinga.
“Quindi non rimpiange casa sua?”.
“No” ribatte senza esitazioni, “tanto a casa c’è solo mia mamma mentre qui, come le ho detto, ci sono tante persone deliziose”.
“Sua mamma??” le chiedo un po’ perplesso pensando di aver capito male.
“Sì, sì, mia mamma” conferma la signorina Ada.
“Non ci siamo nemmeno con questa” scuote la testa uno sconsolato Piero mentre le signore Irma e Mafalda si guardano e sghignazzano tra di loro.
“Ma quanti anni ha sua mamma?” mi informo.
La signorina Ada ci pensa su, “Dovrebbe avere compiuto cento anni”.
“Quindi ti ha avuto a sei anni?” interviene Piero che in matematica è infallibile mentre buona parte dei vecchietti più lucidi scoppia a ridere.
Ma la signorina Ada non si scompone, “Non mi ricordo, però ieri è venuta qui a trovarmi e vedeste com’è ancora in gamba. L’ha vista lei?” fa rivolgendosi a me.
“Ieri forse mi è sfuggita ma la prossima volta me la fa conoscere, mi raccomando eh! Ci terrei molto”.
“Certo!” esclama tutta entusiasta, “E sarà lieta di conoscere un bel ragazzo come lei”.
Mentre la signorina Ada mi dice così penso che è da almeno dieci anni che non ricevo tanti complimenti. 

lunedì 20 luglio 2015

Eccoci arrivati alla rubrica del lunedì: Simone si è cacciato in un brutto guaio. Buona settimana a tutti!


LO PSICOLOGO NON SERVE A NIENTE?

Prima parte

Simone è un ragazzone di quindici anni alto e ben piazzato e ho come l’impressione che sia cresciuto improvvisamente, quasi senza accorgersene. Infatti si muove in maniera piuttosto scoordinata e dimostra ancora scarsa dimestichezza con le sue nuove misure. Un po’ come se fosse passato di colpo a manovrare un Suv dopo aver guidato per anni una Smart.
Per farvi un esempio quando entra allo Sportello prima dà una bella spallata allo stipite della porta poi infilza la coscia nello spigolo della scrivania e dulcis in fundo urta la sedia facendola carambolare a terra.
Una mattina si presenta pregandomi di trovare al più presto cinque minuti per lui.
“Psicologo sono finito nei guai” mi dice tutto trafelato.
“Che è successo?”.
“Sabato sera in discoteca conosco una tipa, si chiama Alessia. Bé, parliamo tutta la sera sui divanetti, le offro una consumazione e alla fine siamo un po’ brilli e ci andiamo”.
“Sono un po’ fuori dal giro, cosa significa per voi ci andiamo?” gli domando.
“Dai, limoniamo!” esclama un po’ scandalizzato dalla mia ignoranza.
Poi continua, “Ci scambiamo il numero di cellulare e ci salutiamo. Oh, quando sono fuori insieme a Jimmy che aspettiamo suo padre, qualcuno mi arriva da dietro e mi dà una spinta. Allora mi volto di scatto e sono già pronto a reagire ma devo bloccarmi perché mi trovo davanti quattro tipi ubriachi che mi accerchiano. Psicologo, non quattro tipi qualunque” e scuote la testa coprendosi la faccia con le mani, “Quelli sono quattro marocchini del Bar "Luisona" e stanno sempre in mezzo alle risse. Gentaccia che gira con i coltelli, te lo giuro Psicologo”.
“Lo credo, lo credo” annuisco.
“Bé comunque si fa avanti Ramì, si chiama così il più pericoloso, e mi viene a due centimetri dalla faccia, Lo sai che non si va attorno alle ragazze degli altri? mi minaccia e poi mi molla un ceffone che me lo ricordo ancora. Ti giuro Psicologo che mi avrebbe ammazzato se non fosse arrivato il padre di Jimmy. Allora chiamo subito Alessia, mi dice che ha lasciato Ramì un mese fa ma lui continua a perseguitarla e che lo devo lasciar perdere perché se ne farà una ragione. E invece…” sospira.
“E invece?”.
“E invece non molla! Esco con Alessia altre due volte e giovedì sera mi arriva un messaggio. Guarda guarda…” e mi allunga il cellulare.
Ti avevo avisato che non si va atorno ale ragaze degli altri, stronzo ti amazo
Tralasciando l’uso delle doppie, questo era il messaggio.
“Non è finita qui Psicologo… ha continuato a minacciarmi poi mi ha scritto di farmi trovare oggi alle due al parchetto, da solo, ha specificato, e che se non mi presento sarà molto peggio perché tanto prima o poi mi becca”, Simone comincia a sudare come se fossimo in un bagno turco.
“E tu?”.
“E io ci vado, non voglio mica fare la figura del vigliacco. Ci prenderò due pugni e amen”.
“Simone, devi assolutamente avvisare i tuoi. Altroché due pugni, qua rischi di farti male sul serio”.
Simone scuote la testa come a dire povero ingenuo, “No, Psicologo, prima o poi mi picchierebbe comunque, e poi cosa penserebbe Alessia?”.

Simone si presenterà all’appuntamento con il pericolosissimo rivale? Lo scopriremo nella prossima puntata. Stesso giorno, stesso posto, stesso blog. 

venerdì 17 luglio 2015

Eccoci arrivati alla rubrica del venerdì. Continua il drammatico pomeriggio di Valeria nelle mani di un gruppo di bulle.


CONSIDERAZIONI NOTTURNE E DINTORNI

Quarta parte


Ora l’ombra di Eloisa copre il corpo di Valeria come un lenzuolo. Con un sorrisino sadico sta allungando nuovamente il bastone tra le sue cosce.
Valeria la fissa impietrita mentre dal naso continua a colarle sangue. Forse è un sogno, tra poco si sveglia e si ritrova nel suo letto protetta dai suoi orsacchiotti. Però il male e la paura sono così tremendamente reali.
Il bastone è sempre più vicino e anche la Bellini e la Casadei si bloccano come a valutare fino a che punto abbia intenzione di spingersi l’amica, o meglio quella che considerano la leader.
Ed Eloisa ha intenzione di spingersi fino in fondo perché tutta la rabbia che ha accumulato in questi anni per colpa della sua famiglia ora può esploderla contro quella sfigata che è sempre buona e disponibile con tutti.
Quando la punta del bastone le graffia l’inguine Valeria capisce che non è un sogno e di colpo si rianima come se qualcuno l’avesse svegliata.
Ma non è nel suo letto e non ci sono gli orsacchiotti a proteggerla.
Cerca di alzarsi facendo perno sui gomiti ma la Bellini se ne accorge e le si butta addosso, a cavalcioni, inchiodandole le braccia al terreno con una forza imprevedibile, considerata la corporatura da peso piuma. A Valeria non resta che cominciare a scalciare con tutta la forza che ha in corpo e in quella foga disperata colpisce in pieno il ginocchio di Eloisa che lancia un urlo di dolore.
“Sto cesso mi ha fatto male! Bloccale quelle gambe lardose!” ordina alla Casadei mentre si strofina l’articolazione ferita.
“Ma questa scalcia come una cavalla” si lamenta l’amica infilando il cellulare nella tasca di quei jeans tanto corti da lasciar intravedere una discreta porzione di gluteo.
“Non me ne frega un cazzo!” urla Eloisa mentre con il bastone colpisce gli stinchi della ragazza stesa a terra. La botta è secca, violenta, e per un attimo Valeria si abbandona al dolore. La Casadei allora come una vecchia predatrice capisce che quello è il momento, si avventa sulla preda e le divarica le gambe. Eloisa con il ginocchio che si è gonfiato come un gavettone sta per infilarle il bastone proprio là dentro e finalmente può replicare tutta quella violenza che nonostante la giovane età conosce fin troppo bene.
Valeria ha esaurito le energie, una strana rassegnazione le fa chiudere gli occhi e irrigidire ogni singolo muscolo come per prepararsi a un dolore che sarà terribile.
Poi all’improvviso un cane che abbaia, tutte e quattro si voltano e vedono sopraggiungere di gran carriera un setter mentre in lontananza si sente una voce, “Kira! Kira vieni subito qua!”.
Eloisa è terrorizzata dai cani, da piccola quando ancora abitava in Romania il boxer del vicino l’ha quasi sbranata e le cicatrici che quel mostro le ha procurato sul braccio e sul polpaccio non andranno mai via. Così decide di lasciar perdere Valeria ma prima le sputa in faccia come a lasciarle l’ultimo ricordo di questo pomeriggio poi con un cenno alle luogotenenti ordina la ritirata.

Non è finita qui, quali conseguenze lascerà in Valeria questo drammatico pomeriggio? Lo scopriremo nella prossima puntata. Stesso giorno, stesso posto, stesso blog. 

mercoledì 15 luglio 2015

Eccoci arrivati alla consueta rubrica del mercoledì, oggi divampa il dibattito sull'aldilà.


SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA MEGLIO 


Qui nella sala polivalente della casa di riposo ad Runcfrèdd infiamma il dibattito sull’aldilà ed è la signora Giuliana con la sua frangetta alla Ringo Starr a prendere la parola, “Qualcosa c’è, ve lo dico io!”.
“Spiegaci bene” la sollecito.
“Era un martedì, ero in camera, avevo sete e sono andata in cucina ma quando stavo per prendere l’acqua all’improvviso non capivo più niente, sono caduta per terra, ero come morta. Per due ore sono rimasta senza battito e se sono ancora viva è perché hanno deciso di mettermi un altro cuore”.
“Accidenti, quindi tu hai due cuori?”.
“Sì sì proprio così, ma il fatto importante è che quando sono rimasta senza battito ho visto mia mamma che mi prendeva per mano e io le chiedevo, dove mi porti má?, però lei non rispondeva. In un attimo ci ritroviamo in una grotta dove non ci vedevo niente e lei continuava a tirarmi poi all’improvviso si apre una porta, c’era una luce, ma una luce!” esclama, “Insomma era bello, allora lei è partita ed è andata lì…”.
“Cos'era, il paradiso?” le domando.
“Certo, perché c’era quella luce e un sacco di gente… e mia mamma voleva portarmi con lei ma io ho tirato via la mano e le ho detto che non ci volevo andare, ancora non era la mia ora. Infatti mi hanno messo quest’altro cuore e sono qui tra i vivi” sorride lasciando intravedere una dentiera luccicante.
“No no, non sono d’accordo!” è la signora Loretta a sentenziare dal loggione, “Per me non c’è più niente, quando siamo morti siamo morti. O almeno spero”.
“Speri che non ci sia niente!?!” le chiedo stupito.
“Sì sì, perché se si deve soffrire così… almeno se non senti più niente non hai più bisogno di mangiare, di bere, non hai più male da nessuna parte e non devi più pagare le tasse”.
“Soprattutto le tasse!” la interrompo.
“Muori e non capisci più niente” continua la signora Loretta, “come uno quando dorme, lo scrolli e non si sveglia, la morte è la stessa cosa”.
“Quindi non esistono né inferno né paradiso?” insisto.
“No no no” risponde tutta convinta, poi si intristisce e fa, “L’inferno e il paradiso sono su questa terra perché bisogna soffrire molto… i figli che se ne vanno, le persone che si uccidono per strada, è un disastro adesso, vanno a rubare, non hanno il lavoro, la famiglia viene meno…”.
Mentre la signora Loretta dipinge il declino dell’occidente e dentro di me si espande una nebulosa di angoscia mi viene da sospirare, “Insomma, sta per arrivare l’apocalisse”. 

lunedì 13 luglio 2015

Eccoci puntualissimi con la nostra consueta rubrica del lunedì. Oggi siamo in compagnia di Mirko, un nerd di origine controllata.


LO PSICOLOGO NON SERVE A NIENTE?


Succede anche che un giorno atterri allo Sportello, direttamente dal pianeta Nerd, un certo Mirko. Dovevate vederlo, paffutello, lievemente ingobbito, occhialino tondo, peluria approssimativa sopra le labbra e un etto di forfora tra i capelli sistemati con una riga da una parte leggermente anacronistica.
Per non parlare dell’abbigliamento, camicia a scacchini abbottonata fino al collo come una specie di cappio e jeans Carrera, in voga ai tempi della caduta del muro di Berlino, eredità di qualche zio o cugino che ha fatto l’adolescente in quegli anni.
Mi racconta per filo e per segno la sua grande passione per i computer poi a un certo punto si guarda in giro circospetto come se nella stanza potessero esserci delle cimici e abbassando il tono della voce mi fa, “Di te mi posso fidare vero?”.
“Certo!” lo rassicuro.
“Tanto voi psicologi siete un po’ come i preti, non potete dire i fatti degli altri in giro”.
“Giusto e in più non ti faccio recitare né Ave Maria né Atti di dolore” gli sorrido.
“Allora devi sapere che sono un hacker e sono entrato nei siti governativi” mi dice come se mi stesse per rivelare i segreti di Obama.
“Accidenti, sei un genietto” lo rinforzo.
“Sì, ma non è di questo che ti volevo parlare” taglia corto, “Sono venuto qui perché mi sono fidanzato e volevo condividerlo con qualcuno”.
“Sono onorato, ma non l’hai condiviso con i tuoi amici?”.
“Naaa” sbuffa, “quelli non mi credono, pensano che sia troppo sfigato per avere una fidanzata”.
“Parlami un po’ di lei”.
“Vediamo…” ci pensa su, “Ha vent'anni, lavora in un ristorante ed è cinese”.
“Ah è cinese… e abita qui vicino?”.
“Macché, abita in Cina, a Pechino”.
“E come l’hai conosciuta?”.
“Ovvio, su internet” risponde un po’ saccentello.
“Com’è, bella?” e gli faccio l’occhiolino.
“Penso di sì”.
“Perché pensi?”.
“Perché non l’ho mai vista neanche in foto”.
“Ma lei sa che siete fidanzati?” domando.
“Penso di sì”.
“Come pensi?”.
“Quando le ho scritto in inglese se voleva essere la mia fidanzata lei mi ha risposto in cinese e a occhio e croce credo ci fosse scritto sì. Ma devo ancora un po’ perfezionarlo il cinese se il prossimo anno voglio andare da lei”.
“Hai in previsione un bel viaggetto allora…”.
“No, no, vado proprio a vivere con lei in Cina”.
“E i tuoi lo sanno?”.
“Assolutamente no e non lo devono sapere per nessun motivo al mondo… mi raccomando eh!” e sventola il dito indice.
“Con me sei in una botte di ferro!” esclamo perentorio, quindi gli dico con espressione ammirata “Comunque sei un tipo coraggioso”.
“No, sono innamorato!” conclude e poi sparisce direzione pianeta Nerd lasciandomi con una domanda ancora irrisolta: ma è proprio così o mi ha preso per il culo?







venerdì 10 luglio 2015


Eccoci arrivati alla consueta rubrica del venerdì e alla terza parte di un breve racconto sul bullismo.


CONSIDERAZIONI NOTTURNE E DINTORNI

Terza parte
 
 
“Eloisa, hai sentito ‘sto cesso cos’ha detto? Che si doveva vedere con Mattia!” fa la Bellini con un ghignetto malvagio.
Sì, proprio con Mattia, brutta deficiente, pensa Valeria che se la fa sotto e il cuore le rimbalza fino alle tempie.
“Pensavi davvero che Mattia potesse guardare te?” interviene Eloisa che giocherella con il pearcing infilzato nella lingua, “Ma ti sei vista? Fai semplicemente schifo!”.
Valeria non risponde, sente la pipì gonfiarsi nel basso ventre come un’onda anomala che prende forza a ogni metro. Prova ad alzarsi ma la Bellini con un piede la ricaccia per terra.
“Allora rispondi!” urla la Casadei che si fa largo con il cellulare sempre puntato su di lei, “Pensavi che Mattia potesse guardare un cesso come te?”.
“Sss… sì” azzarda.
Un’altra risata malvagia.
Valeria comincia a capire, è finita dritta dritta in una trappola proprio come i topolini che si aggirano nella casa in campagna di suo nonno. Che stupida che sono!, pensa, dovevo immaginare che era tutto uno scherzo.
Ora però vorrebbe solo un bagno, anche solo un cespuglio dove fare pipì.
Va bene torturatemi, ma prima fatemela fare, vorrebbe dire ma non crede che le aguzzine glielo concederebbero.
“E poi lo sai che Mattia sta con Eloisa!?!”, è la Bellini che si inginocchia e la afferra di nuovo per i capelli.
“Nnnn…no” fa tremolante Valeria.
“Lo sapevi, lo sapevi!” fa Eloisa con un iceberg dentro a quegli occhi neri.
“Quindi volevi rubare il ragazzo alla tua compagna di classe?!?”, è la Casadei a scaldarsi.
“Ti ho detto di no cretina!”, doveva essere solo un pensiero e invece la frase esce dalla bocca di Valeria forte e chiara.
Le tre ragazze rimangono in silenzio a soppesare il valore di quella sfrontatezza.
“Lo sai che fai così schifo che non dovresti esistere!”, è la Bellini che rompe il silenzio mentre le tira i capelli sempre più forte e lascia partire uno sputo che finisce dritto nell'occhio di Valeria.
Eloisa si fa ancora più seria, sente la rabbia ribollirle nella pancia e non può accettare che quella sottospecie di mostro possa ribellarsi a loro. “Volevi sentire quello di Mattia è? E invece io ti faccio sentire un’altra cosa. Portamelo qua!” ordina Eloisa alla Casadei indicandole un bastone abbandonato vicino all’altalena.
La ragazza con il cellulare in mano esegue mentre Valeria digrigna i denti per il dolore che proviene dalla testa. Quella stronza le avrà strappato un migliaio di capelli. Ma ora il problema è la pipì, continua a spingere, prova a mettersi una mano sulla pancia per frenare la pressione. Intanto Eloisa si è fatta passare il bastone e le solleva la gonna, “Che belle mutandine!” esclama, “E se ora questo te lo infilo dentro”.
“Che cosa mi volete fare bastarde!” urla Valeria che comincia a scalciare e a dimenarsi. La Bellini allora le rifila uno schiaffo che le fa sanguinare il naso mentre Eloisa si inginocchia e le tira giù le mutandine ma proprio in quel momento un getto caldo le zampilla sulle mani e sui sandali nuovi.
“Che schifo, ma questa mi ha pisciato addosso!” si ritrae lavandosi subito con l’acqua della bottiglia che aveva appoggiato a terra.
Dopo essersi ripulita e asciugata con i fazzoletti da naso Eloisa si ripresenta con il bastone in mano, “Dov’eravamo rimaste?” ghigna.

Vi aspetto venerdì prossimo con la quarta puntata. Stesso giorno, stesso posto, stesso blog.


 

mercoledì 8 luglio 2015

Eccoci pronti con la rubrica del mercoledì in compagnia della nostra Angelina e delle sue visioni.


SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA MEGLIO


Oggi qui nella sala polivalente della casa di riposo ad Runcfrédd divampa il dibattito sull’aldilà e dopo la testimonianza della signora Irma è la nostra Angelina, con la sua maglia rosa del giro d’Italia, a prendere la parola.
“Da piccoli ci danno l'idea di come si vive nell'aldilà, c'è il paradiso, il purgatorio e l'inferno. Chi si è comportato bene sarà accolto dal coro degli angeli. Mamma mia come è bello! E’ magnifico” e quasi si commuove, “chi non si è comportato bene, invece, più o meno dovrà pagare, dovrà rispondere di quello che ha sbagliato. L'inferno fin da bambina me lo immagino pieno di fiamme e qualche volta le ho anche viste”.
“Le hai viste?!?” faccio io piuttosto sorpreso e mi scappa anche un sorrisetto ironico.
“Le ho viste le ho viste, anche quando ero qui…” ribatte con tono offeso.
“Interessante, se ti va descrivile” e ritorno serio.
“C’erano lingue di fuoco e anime che non conoscevo e si lamentavano. Mi facevano una grande pena e spero per loro che vengano tolte di là e fatte entrare in un mondo migliore… E poi ho visto anche Gesù…” sospira.
Non l’avesse mai detto! Nel parterre si solleva un vespaio.
“Seee Gesù!” interviene Piero che aziona il braccio per mandarla a quel paese.
“Non dire cazzate valà” salta su Edmondo che scuote la testa.
“L’ha visto anche lei!” si difende la nostra Angelina indicando la signora Mafalda.
“Iooo!?!” ribatte scandalizzata la Mafalda mentre si picchetta la tempia come a dire, questa qui è matta.
“Dai, in camera nostra” insiste la signora Angelina, “indossava un vestito rosso e dorato, i capelli biondi e lunghi fino alle spalle. L'ho visto passare poi si è fermato da me, era così bello! E sono sicura, c’era anche lei!” e continua a indicare la sua inquilina.
“Te sogni!” alza il tono la signora Mafalda, “L’avrai visto in televisione”.
“No no, ti dico che era in camera nostra!”.
“Ma ce le date a lei le medicine per l’Hilzhaimer? Perché questa c’ha l’Hilzaimer, ve lo dico io” diagnostica Piero con l’empatia che lo contraddistingue.
“Ce l’avrai te!” ringhia la signora Angelina che mette in moto la sua carrozza e accelera, tutta risentita, verso l’uscita.
“Dove vai?” le faccio.
“Va a prendere le medicine per l’Hilzaimer” infierisce Piero.
Allora io mi alzo e la raggiungo nel corridoio.
“Che ti succede?” le faccio.
“Non mi crede nessuno” ribatte con gli occhi lucidi.
“Non ti preoccupare, ti credo io” la rassicuro mentre lei si lascia andare a un sorriso.

Vi aspetto anche la prossima settimana con un'altra delle mirabolanti avventure in compagnia dei nostri vecchietti. Stesso giorno, stesso posto, stesso blog.

lunedì 6 luglio 2015

Eccoci arrivati alla nostra rubrica del lunedì in compagnia di Riccardo e dei suoi turbamenti.

LO PSICOLOGO NON SERVE A NIENTE?

Terza parte


“In questa settimana ho pensato molto a questa storia della colpa” esordisce Riccardo, “e ricordo di essermi sentito molto responsabile per la separazione dei miei”.
Oggi appare lievemente più tranquillo dello scorso colloquio e non so perché ma sembra che abbia anche un’espressione più matura.
“Mia mamma diceva sempre che i primi anni non dormivo e non mangiavo” continua Riccardo, “e che li ho fatti impazzire…”.
“Credi che questa sia stata la causa della separazione?” intervengo io.
“Ora non lo so ma quando ero alle elementari ricordo di aver pensato una cosa del tipo, magari se fossi stato un bambino migliore i miei ora starebbero insieme”.
“Come ti ho detto l’altra volta, tu eri un bambino e non era tuo compito tenere insieme due persone che non andavano più d’accordo”.
Ecco che Riccardo riprende a torturarsi le unghie, “Questo sto iniziando a capirlo… ma poi ci sono altri fatti”.
“Me li vuoi dire?”.
“E’ che anche quando si sono separati mi mettevano in mezzo, devi dire questo a tuo padre, devi dire questo a tua madre, e poi mia mamma parlava sempre male di mio padre, sempre!”. Ora Riccardo ha gli occhi lucidi di rabbia e il suo tono si impenna, “Sai cos’ho pensato questa settimana? Che quello là è uno stronzo, un bastardo e come dice mia mamma mi ha abbandonato, ma ho bisogno di vederlo, cazzo!”.
Scoppia a piangere, singhiozza e ansima come se fosse riemerso dopo una lunga apnea. Lo lascio sfogare e gli dico “Ti capisco”.
Quando si ricompone mi chiede scusa e scuote la testa, “No, dottore, non mi puoi capire. In queste settimane ho pensato molto e mi sono ricordato un fatto che avevo rimosso, come dite voi psicologi. Un anno e mezzo fa ho detto a mia mamma, voglio chiamare il babbo. E lei sai cos’ha fatto? Si è messa a piangere, ha cominciato a dire che ero un ingrato e come mi veniva in mente di chiamare quel bastardo che ci aveva abbandonato. Poi si è corretta e ha detto, che mi aveva abbandonato”.
“Forse si è sentita abbandonata anche lei… E comunque è normale che tu abbia voglia di vederlo e deciderai tu quando ti sentirai di fare questo passo”.
“E’ che mi sento come strappato, anche se lo odio mi rendo conto di aver bisogno di lui ma se lo cerco mi sento in colpa nei confronti di mia mamma”.
“Credo che con il tempo anche mamma possa accettarlo ma per prima cosa devi accettare tu di aver bisogno di vederlo”.
“Forse hai ragione… prima di venire qui da te era come se quello là non esistesse nemmeno poi all’improvviso mi sono reso conto che lo volevo vedere e ti assicuro che ancora sono arrabbiato con me stesso… come faccio ad aver bisogno di incontrare una persona che mi ha abbandonato?”.
“Riccardo, credo che la risposta sia dentro di te”.


venerdì 3 luglio 2015

Eccoci giunti alla rubrica del venerdì in compagnia di Valeria e del suo appuntamento.


CONSIDERAZIONI NOTTURNE E DINTORNI

Seconda parte

Valeria si dondola sulla vecchia altalena arrugginita nel giardino dei ciliegi. Ha impiegato almeno un’ora per truccarsi e trovare il coraggio di indossare quella gonna a vita alta che le lascia scoperta una buona porzione di gamba. E ora che si tocca quel grumo di cellulite che le circonda la coscia come un salvagente, si sente a disagio.
Guarda l’orologio, le due e dieci, Mattia è in ritardo e Valeria, da pessimista qual è, comincia a pensare che il suo amore le ha dato buca. Si sente sfortunata come i protagonisti delle canzoni dei Modà, il suo gruppo preferito. Fissa lo scorcio di azzurro tra i rami del ciliegio e poi la parete del vecchio asilo abbandonato su cui campeggiano frasi di ragazze disperate, falli giganti e svastiche.
Il rumore di uno scooter rompe il silenzio, “Eccolo!”, pensa Valeria con le mani che le sudano e il cuore che le batte fino in gola.
Decide di fare la distratta per non sembrare quella che è in spasmodica attesa. Ma se ora sta scorrendo la home page di facebook con le dita che le si appiccicano allo schermo del cellulare è solo perché non si sente per nulla pronta a incrociare quello sguardo magnetico. Sente i passi farsi sempre più vicini ma non solo dal davanti, anche da dietro, come se i Mattia si fossero moltiplicati. Ormai non le resta che alzare lo sguardo ma proprio quando sta prendendo coraggio sente una mano afferrarle i capelli. Lo strattone è talmente secco e inaspettato che Valeria perde l’equilibrio, cade dall’altalena, all’indietro, e si ritrova supina con i suoi capelli rossicci inzuppati nel terriccio. La botta si fa sentire subito e si propaga dal sedere fino alla cervicale come una scossa elettrica. Per fortuna è riuscita ad attutire la caduta con le braccia altrimenti avrebbe sbattuto la testa e sarebbero stati guai peggiori.
“Ma che caz…” non fa in tempo a finire la frase che si ritrova addosso tre sagome ad oscurare i raggi di luce che filtrano tra i rami del ciliegio.   
Una è la Bellini che con un’espressione schifata si sfila una ciocca di capelli rossicci che le sono rimasti in mano, un’altra è Eloisa che maneggia una bottiglia e con un ghigno famelico sta incitando la terza, la Casadei, a riprendere tutto con quel kazzo di telefonino.
“Che cavolo vogliono da me?” pensa Valeria che sbatte le palpebre per non scoppiare a piangere, “Mattia, dov’è Mattia? Io aspetto Mattia” ripete dentro di sé.
E’ la Bellini a prendere la parola, “Lo sai che non si va attorno ai ragazzi delle altre?”.
Valeria comincia a tremare, le scappa la pipì forte forte, le succede sempre così quando si emoziona. Riesce a farfugliare solo un “Ma io…”.
“Ah, fa anche la finta tonta” interviene la Casadei con il cellulare puntato sulla ragazza stesa per terra.
“Allora, con chi è che ti dovevi vedere?”, la Bellini alza il tono della voce e rifila un calcio nel costato a Valeria a cui per un attimo viene meno il respiro.
“Allora? Ne vuoi un altro?” rincara sempre la Bellini.
“Con… con Mattia” azzarda con voce tremante Valeria.
Ed è così che le tre ragazze scoppiano a ridere come se avessero appena ascoltato una delle battute stupide di Giacomino Sampiero, il ragazzo handicappato della loro classe.

Cosa succederà ora a Valeria? Per scoprirlo vi aspetto qui, stesso giorno, stesso posto, stesso blog.

mercoledì 1 luglio 2015

Eccoci arrivati alla consueta rubrica del mercoledì in compagnia dei nostri vecchietti.


SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA MEGLIO


Oggi qui nella casa di riposo ad Runcfrèdd ci siamo avventurati in un dibattito sulla morte e sull’aldilà nonostante io cerchi sempre di sviare quando si tocca questo argomento. Infatti penso che possa turbare i miei vecchietti essendo loro, parliamoci chiaro, a un passo da quel momento. Se ci ragiono però credo che il problema sia anche un po’ il mio, sono onesto, dibattere sulla morte e sull’aldilà, forse, angoscia più me che loro.
“Per me qualcosa ci sarà”, interviene la Irma interrompendo il lavoro all’uncinetto, “Ci potrei trovare i miei parenti, mia mamma, mio babbo, i miei fratelli. Eravamo in quattro e sono rimasta solo io… Se andrò in Paradiso? Dipende da come uno si è comportato nella vita”.
“E tu come ti sei comportata?”.
“Io sempre bene!” esclama con un sorrisetto un po’ malizioso, “Forse qualche peccatuccio l’avrò anche fatto, ma niente di che”.
“Come te lo immagini il Paradiso?”.
“Non sappiamo niente, mica è mai tornato qualcuno per dircelo. Io però spero di ritrovare i miei parenti e chiedere a loro come stanno. Per me, comunque, manteniamo il nostro corpo e siamo sempre noi anche dopo la morte, quindi ci riconosciamo a vicenda”, rimane un attimo in silenzio poi fa, “E spero anche di incontrati a te!”.
“A chiii???” le domando come se non avessi capito bene.
“A te a te” conferma l’Irma con un ghignetto ironico.
Io rastrellandomi per bene le parti basse come gesto scaramantico le rispondo, “Con tutto il bene che ti voglio spero di incontrarti il più tardi possibile”.
“Massì che sto scherzando, te sei giovine!” mi rassicura.
“E all’inferno ci credi?” le chiedo.
L’Irma ci pensa su un attimo poi sospira, “Mmmmm… dicevano che c’è il fuoco, le fiamme e sei dannato per sempre. Ma io nel fuoco non ci ho mai creduto, neanche quando ero piccolina. Una punizione per i cattivi però ci sarà senz’altro se no saremmo tutti uguali”.
“Cioè?”.
“Non è giusto che i peccatori e i non peccatori sono uguali. I peccatori ci sono sulla terra e dovranno pagare… Comunque io a queste cose non ci penso molto, penso a che stiano bene i miei figli e i miei nipoti”.
“Ma dimmi una cosa” azzardo, “Hai paura della morte?”.
“Pensa che io dicevo sempre a sessant’anni morirò, e invece sono arrivata ai novanta e faccio ancora l’uncinetto!” e ride orgogliosa, “Ma no che non ho paura! Non ritorna indietro nessuno quindi vorrà dire che stanno bene là…”.
“Un ragionamento che non fa una piega” concludo io.


La testimonianza della signora Irma è solo la prima… Nella prossima puntata disserteremo di morte e altri misteri con la nostra Angelina e i suoi pensieri ad alto tasso filosofico. Vi aspetto. Stesso giorno, stesso posto, stesso blog.