CONSIDERAZIONI NOTTURNE E DINTORNI
Terzo tempo
E’ bastata la telefonata
a Luna per risollevare la parabola della mia schizofrenia che ora si attesta
nell’emisfero up.
Infatti la ragazza più
dolce del sistema solare non solo è sembrata più allegra e ben disposta nei
miei confronti ma ha anche accettato l’invito per oggi pomeriggio ai giardini
Savelli.
Mi butto sul letto con
le mani intrecciate dietro la testa, mi preparo il discorso e cerco di
immaginare le sue reazioni. Nella scena finale ovviamente ci baciamo e quando
la riaccompagno a casa mi giura amore eterno. Più si avvicina l’ora del nostro
incontro e più sono certo che l’ansia della volpe mentre aspettava il Piccolo
Principe fosse niente a confronto dell’attacco di panico che mi si potrebbe
scatenare da un momento all’altro.
Passo una vita in bagno
ad aggiustare un ciuffo ribelle con tre chili di gel e proprio mentre sto per
uscire di casa mi devo pure sorbire il terzo grado del Generale.
“Con chi esci?”.
“Con i soliti”.
“Dove vai?”.
“In centro”.
“A che ora torni?”.
“Sei e trenta”.
“Di molte parole, eh!”
si lamenta il Generale quando ormai io sono già sul mio zip rosso fuoco e
sfreccio lungo le vie di Cesena cantando a squarciagola Albachiara di Vasco.
E Luna è già lì che mi
aspetta sulla nostra panchina e la
parabola della mia schizofrenia raggiunge le vette dell’emisfero up. Ha così tanta voglia di vedermi che
è già qui, addirittura in anticipo, penso, mentre avanzo con il casco in mano
tra il profumo di viole e di erba tagliata.
Un paio di baci casti
sulle guance, e a me rimane in bocca il sapore di mandorle, poi è Luna che
rompe il ghiaccio e si mette a raccontare delle ultime vicissitudini con quella
stronza ciellina della prof di biologia.
A un certo punto sento
che è il momento: con la bocca impastata e il cuore che mi pulsa fin dentro le
orecchie, prendo in mano le redini della situazione. Vi assicuro che le sfodero
un discorso da fare invidia alla setta dei poeti estinti e termino con la
fatidica domanda, “Vuoi metterti con me?”.
Luna mi guarda con una
dolcezza straordinaria e aspetto solo che le sue labbra disegnino quella
semplicissima sillaba, sì.
Invece mi prende la
mano, mi sorride come si sorride a un mentecatto e mi dice, “Io ti voglio
veramente bene, credimi, ma come amico, se creiamo un altro tipo di rapporto
potremmo allontanarci e bla bla bla”.
Luna continua a parlare,
forse crede di ammorbidire il gancio che mi ha appena sferrato, ma ho smesso di
ascoltarla dopo la prima frase e sono già con la vanga in mano a scavarmi la
fossa in cui vorrei buttarmi all’istante.
Quando ci salutiamo mi
abbraccia così forte che quasi mi stritola ma a me non importa nulla, vorrei
solo che sparisse: in questo momento io e il mio orgoglio la odiamo. Mi avvio
verso lo zip e mi sento come uno di quei cagnolini abbandonati dai padroni
lungo l’autostrada
E mentre mi infilo il casco una domanda mi sorge
spontanea: sopravviverò?