venerdì 28 agosto 2015

Eccoci puntualissimi con la consueta rubrica del venerdì in compagnia di Geki, degli assiomi di papà e di un mister che non vuole scendere a compromessi.


CONSIDERAZIONI NOTTURNE E DINTORNI


Seconda parte 


Il signor Benni si accende un’altra sigaretta mentre osserva il rettangolo di gioco ancora deserto. Dallo spogliatoio sente le urla sguaiate dei ragazzi. E’ nervoso come se in campo dovesse scendere lui. Forse perché il più grande desiderio della sua vita è che Geki raggiunga quel traguardo che lui non ha potuto raggiungere, non certo per demeriti ma solo per quel maledetto infortunio. Però c’è qualcosa in quel figlio che non lo convince. E’ vero che può vantare una tecnica sopraffina ma non ha la stessa fame di vittoria che aveva lui a tredici anni e che da sempre fa parte del corredo genetico dei Benni. Infatti sembra che pensi più a quella stupida playstation ma soprattutto alle ragazzine, non che sia un male, ma se ci pensi troppo poi quelle ti intorpidiscono il cervello.
Primo assioma secondo Benni: guai innamorarsi prima dei vent’anni.
Geki intanto, dentro lo spogliatoio, si sta infilando la sua solita numero 10 e nello stesso tempo continua a messaggiare a Elisa e Ringhio. Ma ora basta! Deve concentrarsi, oggi bisogna dare il massimo, un po’ perché ci sarà quell’osservatore del Cesena e un po’ perché non vuole deludere papà. Un ultimo messaggio e poi lancia il cellulare dentro al borsone.
Il primo ad uscire dallo spogliatoio è Gianni, il mister. Un tipo sui trentacinque anni, atletico e con una pronunciata gobba sul naso. Il signor Benni getta la sigaretta, lo raggiunge e prendendolo sotto braccio lo scorta lontano da occhi indiscreti.
“Senti Gianni, lo vedi quel signore là?” e indica un tipo brizzolato in giacca e cravatta che parla al cellulare, “è un osservatore del Cesena ed è venuto per Geki”.
“Bene!” fa il mister entusiasta.
“Ecco, allora dobbiamo mettere Geki in condizione di esprimersi al meglio” specifica il signor Benni.
“Cioè?”, il mister ora lo fissa con aria sorpresa.
“Con che modulo volevi giocare oggi?” si informa il signor Benni.
“Il solito quattro quattro due con i soliti undici”.
“Senti Gianni, oggi io farei un quattro tre tre, caverei quel Berretti che parliamoci chiaro non la becca mai e avanzerei Geki nel tridente offensivo, magari a sinistra visto che gli piace rientrare sul destro e fare il tiro a giro tipo Del Piero. Così gli diamo meno compiti difensivi e può essere più lucido sottoporta”.
Che il signor Benni fosse un pallone gonfiato nonché uno di quei genitori fenomeni che vuole sempre mettere il becco il mister lo sapeva ma che arrivasse a sindacare anche su quale modulo e su quali giocatori mettere in campo proprio no. E poi a quel povero Geki lo ossessiona con la storia che deve diventare un calciatore, così rischia solo di rovinarlo. Eppure, per ora, sceglie di  non mandarlo affanculo e di tenere un profilo più accomodante, “E’ difficile cambiare modulo su due piedi alla vigilia di una partita così importante e poi ho già comunicato la formazione… ma in corso d’opera potrà essere una soluzione”.
Il signor Benni scuote la testa piccato, “Non è la risposta che mi aspettavo, spero solo per te che il risultato ti dia ragione”.  
“E’ una minaccia?”, stavolta Gianni manda a quel paese l’accondiscendenza ma non sa che il secondo assioma secondo Benni è: mai sfidare Claudio Benni.
“Forse, caro mister” conclude il padre di Geki avviandosi verso la tribuna.


Lo so lo so che siete smaniosi di sapere che cosa accadrà durante la partita ma dovrete aspettare la prossima puntata. Stesso giorno, stesso posto, stesso blog.

mercoledì 26 agosto 2015

Eccoci puntualissimi con la nostra rubrica del mercoledì. Che il viaggio della speranza abbia inizio!


SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA MEGLIO

Seconda parte


Risolti gli equivoci iniziali il viaggio della speranza sembrava un po’ meno della speranza rispetto al previsto. Quattro chiacchiere in tranquillità, aria condizionata che ti faceva dimenticare i quaranta gradi e la musica degli U2 in sottofondo.
“Dì, ma cos’è sta musicaccia?”, è stata la Signora Irma a rompere l’incanto.
L’autista allora per non saper né leggere né scrivere ha messo sulle frequenze di Radio Maria, una sicurezza con i passeggeri over 80.
E mentre un certo Don Bigazzi recitava un salmo dietro l’altro è stata ancora la signora Irma a saltare su, “Dì, ma cos’è quest’ariaccia fredda? Guarda ho i brividi” e ha indicato il braccio.
L’autista senza fare una piega ha spento l’aria condizionata e tirato giù i finestrini mentre noi delle file dietro siamo stati travolti da una badilata di caldo sahariano.
Ma la signora Irma non era comunque in piano, lamentava che quelle folate le avrebbero peggiorato l’artrite nel collo, come dice lei, così ha deciso bene di sigillare il suo finestrino.
“Tira giù quel cazzo di vetro!” ha gridato Piero ormai in un bagno di sudore.
“Qua si muore” ha piagnucolato la signora Giuliana che boccheggiante si sventolava con un foglio di giornale.
Allora la signora Irma mossa a compassione ha tirato giù il finestrino ma solo fino a metà rincagnando il collo tra le spalle in una primordiale posizione di difesa.
A questo punto, nonostante il ricircolo di aria sahariana, sembrava essersi ricreato un microclima accettabile. Sembrava appunto.
Infatti, all’improvviso, dalla postazione della signora Giuliana è partita una folata di puzza atomica. Il solito micidiale traversone. Tra il caldo e l’effluvio avremmo rischiato lo svenimento di massa se non fosse comparsa a poche centinaia di metri l’insegna di un bar. E il pit-stop è durato una buona mezz’ora tra scarico, operazioni di toeletta, cambio pannolone e ricarico. Senza contare che mentre stavamo uscendo la barista cinese ci ha fatto gli occhiacci come a dire, “Furbetti, usate il mio bagno e non consumate?” e allora ho comprato una bottiglia d’acqua fresca per evitare almeno il rischio di svenimenti per disidratazione.
Così, in netto ritardo sulla tabella di marcia, siamo giunti, Dio grazia sani e salvi, al parco Levante di Cesenatico. Dovevate vederli i nostri vecchietti stanchi e spaesati come alieni pacifici appena sbarcati sul pianeta terra. Tranne lui, Ernesto, che ci ha fatto strada con la sicurezza di chi in quei posti ci ha bazzicato una vita intera. Era sì emozionato come un soldato americano reduce dal Vietnam ma anche eccitato al pensiero di incontrare i vecchi amici e di risolvere quell’ultimo conto in sospeso.
Quando siamo arrivati al bar per un attimo ho pensato di trovarmi di fronte a un casinò a cielo aperto. Sotto un ampio gazebo i tavolini erano gremiti di vecchietti concentratissimi con le carte strette tra le dita e il bicchiere di vino a portata di mano. Se poi si allungava lo sguardo nei locali interni si potevano notare altri gruppetti di over 70 ingobbiti sui tavoli da biliardo.
E non appena gli agguerritissimi giocatori si sono accorti dell’arrivo di Ernesto hanno abbandonato le loro postazioni e si sono fiondati verso il compagno di tante battaglie.
Baci, abbracci, pacche sulle spalle fino a che ho visto gli occhi del nostro farsi improvvisamente profondi e glaciali come quelli di Clint Eastwood. Di fronte a lui un vecchietto tonico e scattante, con un sorriso che lasciava intravedere una fulgida dentiera, gli stava stringendo la mano.  
In quel momento ho sentito Ernesto che mollando la presa gli ha detto in tono solenne, “Sei pronto? Sono tornato proprio per te”.

Mi dispiace, ma per la resa dei conti dovrete aspettare la prossima puntata: stesso posto, stessa ora, stesso blog.   



lunedì 24 agosto 2015

Eccoci con la consueta rubrica del lunedì in compagnia di Natascia e del suo segreto.


LO PSICOLOGO NON SERVE A NIENTE?


SECONDA PARTE


“Boh”, Natascia fa spallucce con aria scocciata, “Non lo so proprio perché la prof ha insistito che venissi qui, forse era meglio che ci venisse lei, è sclerata dura”.
“In effetti un po’ tutti abbiamo bisogno di uno psicologo, io per primo”.
“Te ci vai dallo psicologo?” mi domanda con la solita aria di sfida.
“Certo, uno psicologo deve avere un suo psicologo per conoscere meglio se stesso e quindi essere più di aiuto agli altri” le spiego un po’ sommariamente.
“Anche i prof dovrebbero avere lo psicologo, sono tutti fuori di testa quelli lì”.
Mi viene da sorridere, “E i ragazzi?” le chiedo lievemente provocatorio.
Natascia si aggiusta l’anellino infilzato nel setto nasale e mi guarda con quegli occhi appesantiti dalla matita nera, “Sì, ma credo ne abbiano più bisogno i grandi”.
“Davvero non lo sai perché la prof ti ha costretto a venire qui?”.
“Perché ha voglia di rompere!” e sbuffa.
“O forse perché ci tiene a te?”.
“Mmmm…” e scuote la testa, “Nessuno tiene a me”.
Vorrei approfondire la sua ultima affermazione ma Natascia mi anticipa, “Mi avrà mandata qua perché l’anno scorso avevo tutti otto e quest’anno se continuo così vengo segata”.
“E come ti spieghi questo cambiamento?”.
“Semplice, ho smesso di studiare e non mi va più di aprire libro” ora abbassa lo sguardo, “e poi non riesco a starci in quella casa”.
“Non riesci a starci?” le faccio eco.
“C’è un clima insopportabile!”, si innervosisce e ricomincia a manovrare il solito anellino nel setto.
Credo di aver toccato un filo scoperto.
“Ti va di spiegarmi meglio?” azzardo.
Natascia ha perso l’aria di sfida e ho la sensazione che sia una bomba in procinto di esplodere.
“Mia madre è sempre via per lavoro e quando c’è è depressa dura”.
Io annuisco.
“E io in casa da sola con quello là non ci voglio rimanere” mi fa con tono feroce e senza guardarmi come se avesse paura che le potessi leggere negli occhi qualche segreto.
“Chi è quello là? Il compagno di mamma?”.
“Sì quello stronzo, pretende di fare il padre e poi… te l’ho già detto, uno di questi giorni lo ammazzo” e stringe i pugni.
“E’ successo qualcosa Natascia?”.
Lei allora alza lo sguardo e non appena incrocia il mio scoppia a piangere.
“Ora non posso parlarne” mi dice tra i singhiozzi e corre via.

venerdì 21 agosto 2015

Oggi nella nostra consueta rubrica del venerdì siamo in compagnia di un padre e di un figlio che dovranno affrontare una partita molto importante.


CONSIDERAZIONI NOTTURNE E DINTORNI

Parte Prima


“Noi Benni, Geky, siamo dei vincenti, ricordalo”, è il signor Benni che con gli occhiali da sole a specchio e le braccia tese sul volante della sua nuova Audi rinfresca questo concetto fondamentale al figlio tredicenne.
“Lo so pà”.
“A noi non piace perdere vero?”.
“No pà”.
Ora se ne esce con la storia che lui avrebbe giocato in serie A se non gli fosse capitato quell’infortunio, pensa Geky che ormai conosce a memoria i discorsi del padre prima delle partite importanti.
“Quando giocavo nella primavera del Cesena il mio allenatore mi diceva sempre che uno forte come me non l’aveva mai visto e che ero pronto per la serie A… poi c’è stato quel maledetto infortunio”. Ogni volta che ci pensa gli viene da piangere, eppure sono passati più di vent’anni.
“Peccato pà” sospira Geki che intanto tira fuori il cellulare e si mette a  messaggiare all’amico Ringhio.
“Oggi è una partita importante, lo sai vero? Anzi forse la più importante” fa ieratico il signor Benni.
“Lo so pà” risponde per default Geki che ha pensieri ben più importanti per la testa. Infatti sta informando Ringhio, via whatsapp, che stamattina si è messo ufficialmente insieme a quella gran topa dell’Elisa e che è uscito il nuovo GTA per la playstation.
“Oggi non mi devi deludere, eh?”.
“No pà” risponde tra i denti Geki mentre Ringhio gli chiede se ci ha già limonato.
“Viene quel mio amico, l’osservatore del Cesena, è un pezzo grosso… e oggi voglio una cosa da te”.
“Sì pà” e intanto risponde all’amico che sì, ci ha già limonato pesante.
“Sai perché io ero il migliore? Perché io avevo la grinta, la fame di vittoria e sul campo ci lasciavo il sangue. Tu, Geki, sei forte, hai una tecnica che io me la sognavo ma sei una fighetta… e oggi voglio da te che ci metti questo” e indica il cuore “e queste” e indica le palle.
“Ce le metto pà” e scrive a Elisa se dopo la partita ci si può vedere al parco.
“La smetti con quel cellulare, devi stare concentrato! Oggi puoi fare il grande il salto, lo capisci?” si altera il signor Benni.
“Scusa pà è l’ultimo” promette mentre Elisa risponde che non vede l’ora di abbracciarlo e adorna il messaggio con almeno una decina di cuori.
Il signor Benni parcheggia l’Audi nello spiazzo sterrato di fianco al campo sportivo e intanto il figlio afferra la maniglia della porta ed è in procinto di uscire.
“Aspetta un attimo” lo blocca il padre, “guardami in faccia” e si sfila gli occhiali da sole, “non mi far fare brutta figura con il mio amico mi raccomando, quello ti può portare al Cesena e tu sei pronto per il Cesena, te lo dice papà che di calcio ne capisce”.
“Sì pà” annuisce Geki che scende dalla macchina e tira fuori il cellulare.
Mi sono innamorata di te, gli ha appena scritto Elisa.

Geki riuscirà a non deludere le aspettative del padre? Lo scopriremo nella prossima puntata, stesso posto, stesso giorno, stesso blog.

mercoledì 19 agosto 2015

Eccoci pronti con la consueta rubrica del mercoledì. Salite insieme a me e ai miei terribili vecchietti sul pulmino per affrontare il viaggio della speranza.


SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA MEGLIO


Sapevo già in partenza che sarebbe stato il viaggio della speranza. D’altronde quello era il giorno più caldo dell’estate, anzi, degli ultimi cento anni. Erano le quattordici e trenta in punto e il sole colava a picco sul parcheggio antistante alla casa di riposo ad Runcfrèdd.
Piazzato lì in procinto di squagliarsi c’era il pulmino. Ho capito che non sarebbe stato un pomeriggio facile nel momento in cui scopro che il nostro mezzo non è dotato di sollevatore per carrozzine. Quando lo faccio notare all’autista lui allarga le braccia e mi dice che non ne è stato specificato il trasporto ergo questo ha passato l’associazione.
Certo, magari l’associazione pensava che in una casa di riposo soggiornasse un gruppo di boy scout e non un manipolo di vecchietti artritici e diversamente abili.
Non sono stato lì a discutere, avrei dilapidato inutilmente ossigeno e vi assicuro che con quaranta gradi percepiti anche un dispendio extra mi sarebbe stato fatale.
A questo punto sarete curiosi di sapere perché abbia scelto proprio il giorno più caldo dell’ultimo secolo per organizzare una gita a Cesenatico.
Punto primo ho fissato la data più di un mese fa e chi si aspettava un’estate così infuocata?, punto secondo ho fatto una promessa a Ernesto. E io le promesse le mantengo.
Non potevo rimanere insensibile alla sua richiesta di riabbracciare i vecchi amici, vedere un po’ di gnocca, e non sempre quelle solite vecchie, ma soprattutto regolare un ultimo conto.
Ho provato ad approfondire ma Ernesto mi ha fatto capire che non dovevo rompere i coglioni e che lui mica veniva a ficcare il naso negli affari miei.
Piuttosto non è stato facile scegliere i quattro fortunati e dovete sapere che nonostante il caldo quei posti elitari sul pulmino erano molto ambiti, soprattutto dalle Spice Girl over 80. E considerando che uno era assegnato di diritto a Ernesto, altri due a Piero e  alla signora Irma per la loro capacità di deambulare in autonomia, rimaneva un solo sedile disponibile. Il ballottaggio si era ristretto alla signora Giuliana, con il rischio costante di una delle sue letali scariche diarroiche, e alla signora Mafalda, una signorona di un bel quintalozzo soggetta a improvvisi cali di pressione.
Come in un dibattito politico in prossimità delle votazioni ognuna cercava di screditare l’avversaria.
“Ma cosa portate quella là che si caga addosso!?!” sentenziava la signora Mafalda.
“Sotto quel sole a quella là gli viene un colpo!” ribatteva la signora Giuliana.
Alla fine non c’è stato nemmeno bisogno che fossimo noi a decidere perché quella mattina la signora Mafalda si è ritrovata con le ruote della carrozzina bucate quindi oltre a perdere il ballottaggio ha dovuto passare la giornata intera a letto mentre il suo bolide era in riparazione. E quando abbiamo domandato alla signora Giuliana se ne sapesse qualcosa, lei, ovviamente, sghignazzando con la dentiera in bella vista ha negato ogni implicazione.
Così in quel pomeriggio più caldo degli ultimi cento anni eravamo pronti per partire.
E se Piero e la signora Irma sono saliti sul pulmino con discreta facilità anche se tra vari scricchiolii articolari, per sollevare Ernesto e la signora Giuliana mi è uscita un’ernia proprio nella zona L5 S1.


I nostri vecchietti torneranno sani e salvi dal viaggio della speranza? Quale sarà l’ultimo conto che Ernesto deve regolare? Lo scopriremo nelle prossime puntate, stesso posto, stesso giorno, stesso blog. 

lunedì 17 agosto 2015

Eccoci pronti con la nostra rubrica del lunedì. Oggi conoscerete Natascia, la donna del capo.


LO PSICOLOGO NON SERVE A NIENTE? 

Prima parte


Vi assicuro che la prof B. aveva ragione quando mi ha anticipato che Natascia ti mette un po’ di soggezione. Look dark da protagonista di uno di quei film postapocalittici, pearcing disseminati lungo tutto l’orecchio, nel naso, sotto al labbro e sulla lingua. Per non parlare di quella perenne aria di sfida.
La prof B. ci teneva particolarmente che vedessi Natascia. Mi ha riferito che dall’anno scorso è molto cambiata, oltre a essersi fatta tutti quei buchi si è infilata in un brutto giro e il suo rendimento a scuola da ottimo è sprofondato nell’insufficienza. Mi ha anche detto che a suo parere c’è qualcosa di sospetto in famiglia.
Come previsto Natascia ha fatto un sacco di resistenze prima di acconsentire ma poi si è decisa anche se ora che è seduta di fronte a me ci tiene a precisare che per lei gli psicologi sono una brutta razza e non servono a niente.
“Ma hai avuto altre esperienze con questa brutta razza?” le chiedo.
“Sì, qualche mese fa, con una sfigata che poteva essere mia nonna” fa con un’aria dispregiativa.
“Che era successo?”.
“Ma niente, ero finita in una brutta storia ma io non c’entravo”.
“Me la vuoi raccontare?”, cerco di andare con i piedi di piombo come un artificiere che deve disinnescare una bomba e se taglia il filo sbagliato salta in aria.
“Hai presente la notizia di quel gruppo che ha picchiato un ragazzo ai giardini di Serravalle?”.
“Certo, sì”.
“Ecco in quel gruppo c’ero anch’io ma non ho fatto niente, anzi ho urlato ad Angelo di smetterla ma quando sono arrivati i caramba hanno portato via anche a me”.
“Un gruppo un po’ violento” azzardo.
“Proprio così, siamo noi a comandare a Cesena” dice con un certo orgoglio, “E io sto con Angelo che è il capo”.
“Quindi sei la donna del capo” le dico con aria compiaciuta.
“A volte è un po’ violento ma è perché ha una brutta situazione in casa e quando lo provochi non si controlla”.
“Quel ragazzo l’aveva provocato?”.
“In teoria sì, si era seduto sulla nostra panchina a limonare con la morosa e quando Angelo gli ha detto di andarsene da lì quell’altro gli ha risposto, non c’è mica scritto il tuo nome. Quindi è scattato il putiferio, è partito Angelo e tutti gli altri dietro. L’hanno ridotto male”.
“Tu cosa ne pensi della reazione del tuo gruppo?”.
“Te l’ho detto, noi comandiamo a Cesena e se qualcuno invade le nostre zone rischia. E rischia anche se tocca i nostri affetti…”.
“Per esempio?” domando.
“C’era una tipa di ragioneria che faceva la stupida con Angelo, allora io e le mie amiche le abbiamo dato una lezione. Noi siamo buoni e calmi ma non ci devi provocare”.
“Certo capisco, ma dopo questo evento qual è stata la reazione dei tuoi?”.
“I miei… puah!” e fa spallucce con un’aria disgustata, “Mio padre non so neanche dove sia finito, mia mamma si è messa a piangere, ma quella là cosa vuoi che faccia, e poi c’è il suo compagno, bè quello lasciamo perdere… Una volta o l’altra lo ammazzo. Il problema è che sono intervenuti gli assistenti sociali e mi hanno fatto parlare con quella sfigata della psicologa”.
“Capisco, una situazione complicata… ti faccio una domanda che di solito si dovrebbe fare all’inizio, ma secondo te perché la prof ha insistito che venissi qui allo Sportello?”.

venerdì 14 agosto 2015

Eccoci pronti alla consueta rubrica del venerdì, oggi in compagnia di Mery.


CONSIDERAZIONI NOTTURNE E DINTORNI



All’epoca dei fatti ero un liceale normodotato. Mery, si chiamava proprio così, era la mia ragazza, frequentava la quarta ginnasio e non le entrava in testa il genitivo assoluto. Ma era così bella con gli occhi turchesi e il sorriso grande che non facevi nemmeno caso a quel cervello malleabile come un pezzo di ghisa. E mi stimavo un bel po’ a girare mano nella mano con Mery lungo i corridoi del liceo o per le vie del centro. Senza contare che amici e conoscenti ogni volta che mi vedevano rimarcavano, “Con quella hai vinto al superenalotto”.
Però vi assicuro che il latino e il greco non le entravano in testa nonostante, dall’alto dei miei quattro anni in più, dedicassi buona parte del pomeriggio a spiegarle i segreti delle traduzioni. Mery infatti non azzeccava mezza declinazione, nemmeno per sbaglio, figuriamoci quando doveva tradurre le frasi anche le più semplici, sfogliava le pagine del Castiglioni Mariotti e del Rocci sempre come fosse la prima volta.
Comunque dopo gli inutili sforzi per modellare quel pezzo di ghisa ci buttavamo sul letto a passarci il cannino e ascoltare la mia musica dall’ipode, un auricolare per uno. Ma come pretendevo di poter sensibilizzare ai Nirvana e ai Pearl una fanciulla che si eccitava per i Modà e Biagione Antonacci? Insomma Mery non era pronta per il grunge ma io mi ostinavo a credere che lo adorasse proprio come lo adoravo io.
Un pomeriggio le ho pure spiegato che “Alive”, la canzone più struggente dell’album “Ten”, era una semi-autobiografia del grande Eddy Vedder: un ragazzo ha rapporti incestuosi con la madre e scopre che suo padre è in realtà un patrigno e che il vero padre è morto. 
Dovevate vedere come mi guardava affascinata e allora mi sentivo importante e, forse grazie anche al cannino, mi avventuravo in lunghi monologhi metafisici che sfociavano poi nelle grandi domande esistenziali.
Forse non è stato nemmeno per i nostri differenti gusti musicali se dopo un paio di mesi mi ha mollato. Infatti a detta sua mi ha dovuto lasciare perché ero troppo buono, intelligente e dolce per stare con lei e meritavo una persona migliore. E poi lei si sentiva ancora spensierata, mentre io ero un po’ troppo cerebrale. Sì, proprio così, ha usato questa parola, cerebrale, e ancora adesso non mi capacito dove l’abbia tirata fuori. Di sicuro non gliel’aveva insegnata il tossico pieno di pearcing con cui si era messa un paio di ore dopo.
Ma non voglio stare qui a recriminare sul passato anche se qualche mese fa, a distanza di anni, quel passato è tornato a farsi vivo.
Stavo facendo zapping quando mi sono imbattuto in Maria De Filippi che dava la parola a una delle corteggiatrici con gli occhi turchesi e il sorriso grande. Provate a indovinare chi era. Proprio così, Mery in persona. E vi giuro che è diventata ancora più bella, tanto che Fabbiano il tronista, un energumeno ipertatuato che non azzeccava un congiuntivo, l’aveva scelta per l’esterna.
Lei allora lo aveva portato al mare e mentre parlavano del più e del meno l’energumeno le aveva chiesto che musica ascoltasse.
“Musica grunge” aveva risposto Mery, “hai presente, Pearl Jam e Nirvana?”.
L’energumeno non aveva presente ma aveva annuito e allora Mery si era lanciata, “Adoro Alive, sai è semi-autobiografica. Racconta di un figlio…” e aveva sciorinato per filo e per segno la storia della canzone.
“Perché sai, tutti pensano che io sia bella e senza cervello ma in realtà sono una persona molto cerebrale”.
Sono sicuro che sia stata quella parola o forse la musica grunge se proprio oggi Fabiano il tronista ha scelto Mery, la mia ex ragazza a cui non entrava in testa il genitivo assoluto. 

mercoledì 12 agosto 2015

Vi sono mancati i nostri terribili vecchietti, eh? Ma oggi li ritroviamo più arzilli che mai nella consueta rubrica del mercoledì.


SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA MEGLIO


Dovete sapere che qua nella sala polivalente della casa di riposo ad Runcfrèdd e più precisamente nella zona sinistra del nostro consueto ferro di cavallo si è formata una nuova band, le Spice Girls over 80. Sono cinque e sono le più arzille del parterre, o almeno credono di esserlo. Non cantano ma criticano senza peli sulla lingua, anche se qualcuno ne hanno sul mento, sono estremiste, razziste, non disdegnano la pena di morte e sono a favore del filo spinato, con scariche elettriche, lungo i confini dell’Italia.
Però sotto questa scorza irreprensibile sono tenere e nostalgiche e se potessero esprimere un desiderio vorrebbero tornare giovani.
“Così io non sposerei mio marito!” gracchia con un certo rammarico la signora Giuliana, la Spice con la frangetta alla Ringo Starr.
“E cosa faresti?” le domando.
“Mi divertirei di più e andrei a ballare con i giovani”.
“Allora perché l’hai sposato?”.
La signora Giuliana si aggiusta la frangia e fa, “Perché era bello!”.
“Descrivimelo”.
“Alto, spalle larghe e occhi celesti”.
“Meglio di Brad Pitt insomma” le sorrido.
Bren chi??”.
“No niente lascia stare, è un attore dei nostri tempi… Cos’è che non ha funzionato con lui?”.
“Con Bren Pinn?” mi chiede con un sorrisetto e ho lo vaga impressione che mi prenda per i fondelli, “No dai” si ricompone, “con mio marito non andava, è come se mi avesse deluso”.
“Spiegami bene”.
“Non ero innamorata perché non parlava mai ma soprattutto non mi dava l’affetto, niente baci e niente abbracci”.
“E tu li avresti desiderati?”.
“Direi di sì” e anche la sua frangetta si intristisce, “Però ormai mi ero sposata…”.
“Bella condanna il matrimonio” le dico.
“Ma no dai, in fondo era un gran lavoratore”, la signora Giuliana sembra quasi pentirsi delle affermazioni precedenti, “E’ che è cresciuto senza la mamma e nella sua famiglia di affetto non ne ha mai avuto”.
“Quindi vuoi dire che non aveva gli strumenti per dare affetto?”.
“Ecco proprio così” esclama la Spice con la frangia, “E poi non ci ha mai fatto mancare niente”.
“Questo è l’importante!” sancisco poi continuo, “Ma ora, visto che stiamo parlando di innamoramento, che cos'è per voi l’amore?”.
“Rispettarsi” interviene la signora Irma.
“Volersi bene nella buona e nella cattiva sorte” afferma la signora Mafalda.
“Aiutarsi” anche la signora Loretta dice la sua.
Ciavé!”, è Piero a mettere la parola fine a questo momento di romanticismo.



lunedì 10 agosto 2015

Dopo una settimana di ferie il blog riapre i battenti. Vi è mancato eh? Eccoci pronti con la classica rubrica del lunedì in compagnia di Simone.


LO PSICOLOGO NON SERVE A NIENTE?






Oggi mentre ero in macchina ascoltavo “Sopravviverai” di Max Pezzali e mi è tornato in mente Simone. Ricordate il ragazzone goffo sfidato a singolar tenzone da Ramì per ottenere il cuore di Alessia?
Proprio lui che poi con Alessia ci si era messo insieme e che durante un colloquio mi aveva detto, “Lei mi piace, niente di più… ma lo dovresti sapere anche te Psicologo che a quindici anni l’amore non esiste”.
Ecco, mi sono dimenticato di dirvi che Simone un paio di mesi dopo si è ripresentato allo Sportello e non sembrava più lui. Emaciato, occhi gonfi e capelli scarciofati. Sulle prime, vi giuro, ho pensato fosse reduce da un funerale.
“Psicologo, Alessia mi ha lasciato” singhiozza il ragazzone mentre si strappa le lacrime dagli occhi.
“Accidenti, mi dispiace” e gli passo i fazzoletti.
“Non vivo più, Psicologo, non vivo più”.
“Non vivi più?” gli faccio eco.
“Proprio così, non mangio, non dormo e ho pensato anche di ammazzarmi”.
“Addirittura, ma come è successo?”.
“Una domenica pomeriggio ci dovevamo vedere invece lei mi chiama la mattina e mi dice che i suoi non la fanno uscire. Allora io mi organizzo con quelli del Bar e andiamo all’Ipercoop. Prova a indovinare chi incontro… Dai  dai” mi sollecita con una certa aggressività.
“Chi incontri?” faccio un po’ il finto tonto.
“Psicologo, chi vuoi che incontri? Alessia!” e sbatte un pugno sul tavolo, “Era lì mano nella mano con un tamarraccio molto più grande di lei, avrà avuto vent’anni”.
“E tu?”.
“Ah, io ho perso la testa, ho rifilato un pugno al tipo e le ho urlato di fronte a tutti, sei proprio una gran troia!, e se non c’erano i miei amici a trascinarmi via li avrei ammazzati tutti e due”.
Sospiro, “Ti capisco, deve essere stata una brutta botta”.
“Dopo quella domenica le ho chiesto scusa e l’ho pregata di ritornare con me, ma non c’è stato verso e sono pure passato dalla parte del torto!”, Simone si strappa via un altro po’ di lacrime, “Non pensavo mai di stare così male per una ragazza. Oh, Psicologo, non dirlo a nessuno, eh!”.
“Lo sai bene che c’è il segreto professionale e poi anche se non ci fosse non lo direi comunque” lo rassicuro.
Restiamo un attimo in silenzio e quando sto per riprendere la parola mi anticipa, “Per favore non mi dire quelle frasi del cavolo, si chiude una porta e si apre un portone, oppure, ce ne sono tante di ragazze al mondo, perché mi deluderesti”.
“Assolutamente no, anche a me non piacciono tutte quelle frasi fatte, so bene che ora per te Alessia è l’unica ragazza del pianeta che vorresti”.
“Proprio così”, Simone si tampona le ultime lacrime, “Ho sempre il groppo in gola ma ora che ne ho parlato mi sento un po’ più leggero”.
La canzone di Pezzali stava volgendo al termine e intanto pensavo che avrei voluto dire a Simone e a tutti i quindicenni che soffrono per amore, “Sopravviverai”.