mercoledì 29 aprile 2015

Prontissimi con la rubrica del mercoledì! Ancora una volta il protagonista assoluto è il nostro Edmondo.


SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA MEGLIO


Chi non conosce la famosa canzone di Ligabue dal titolo “A che ora è la fine del mondo?”?
Ecco, il rocker di Correggio quando ha scritto questo pezzo non immaginava che sulle colline ad Runcfrédd potesse esistere un uomo con la risposta alla domanda forse più dibattuta nella storia dell’umanità.
Quest’uomo si chiama Edmondo e credo che lo abbiate già conosciuto nei panni di James Bond e di sociologo.
L’altro giorno, la signora Imma, di solito presente e reattiva, se ne stava mogia mogia in un angolo della sala polivalente e io un po’ preoccupato le chiedo, “Imma che succede stamattina?”.
Lei allora alza lo sguardo con espressione afflitta e fa, “Ho sentito alla televisione che sta arrivando la fine del mondo”.
Non faccio in tempo a consolarla e a spiegarle che ancora per la fine del mondo c’è tempo che Edmondo salta su e con un linguaggio da scienziato della Nasa spara la sua Verità.
“Signora, più che la fine del mondo, ci sarà la fine dell'umanità e avverrà a causa di una grandissima carestia. Gesù già predicava che veniva la fine del mondo, diceva che il sole si oscurerà, la luna non avrà splendore e le stelle cadranno dal cielo. Il 14 ottobre scorso mi è capitato proprio di assistere a questa scena. È stato molto brutto, il mondo aveva un colore molto triste e cupo. Ho visto dapprima il sole oscurarsi, poi la luna era quasi nera e subito dopo una stella enorme è caduta in Russia, il giorno dopo i telegiornali parlavano di questa stella enorme caduta in Russia e ci sono stati anche morti e feriti. Io sono stato uno dei pochi a poterla vedere, siamo stati una decina in tutto il mondo credo. Lo disse Gesù circa due millenni fa che le cose sarebbero andate così. La fine del mondo avviene lentamente, ma è già iniziata. Ci vorranno altri sessant'anni prima che tutto finisca. Piano piano non avremo più l'energia necessaria per vivere e verrà a mancare anche il petrolio. Ora l'energia ce l'abbiamo grazie a Uranio 238, ma questo, con una qualsiasi lastrina, rischia di esplodere. Uranio 238 si vuole ricongiungere a Uranio 235, ma quando avverrà sarà una cosa fatale! È una potenziale bomba e rimarremo all'oscuro. La Terrà ci sarà e continuerà ad esserci, ma moriremo noi tutti: senza cibo, acqua, luce... in carestia”.
“Comunque grazie Edmondo”, faccio io, “Credo che la signora Imma ora si sentirà meglio”.



lunedì 27 aprile 2015

Eccoci prontissimi con la rubrica del lunedì!


LO PSICOLOGO NON SERVE A NIENTE?


Oggi ho davanti a me Rebecca, una ragazza di sedici anni con i capelli neri e le meches azzurre ma soprattutto due grandi occhi tristi.
“Dalle elementari mi considerano un’asociale” mi dice.
“E tu credi che sia così?”.
“Sì, credo che sia vero, non volevo parlare con nessuno”.
“Perché, Rebecca?”.
“E’ molto difficile parlare con le altre persone, e poi” esita un attimo, “e poi a me non piace legare”.
“Ti fa paura legare?”.
Rebecca abbassa i suoi grandi occhi tristi e fa, “Da piccola mi dicevano che le cose fanno male”.
“Spiegami bene che cosa sono le cose… e scusa il gioco di parole”, le sorrido.
“Le cose sono i sentimenti e forse le persone, almeno credo io”.
“Quindi ti hanno detto che le cose fanno male e tu hai interpretato che fossero i sentimenti e le persone?”.
“Proprio così!”, rimane un attimo in silenzio, “Eppure…”.
“Eppure?” le faccio eco.
“Eppure quando è morta mia nonna e sono andata al suo funerale, c’erano pochissime persone e mi è venuta una grande paura…”.
“Quale?”.
“Di rimanere sola, di morire da sola, proprio come mia nonna” mi dice mentre le si inumidiscono i grandi occhi tristi.
“Quindi ricerchi la solitudine ma in realtà ne hai paura” le faccio.
Rebecca annuisce e cerca con tutte le sue forze di trattenere le lacrime poi sussurra, “Scusa”.
“E perché mi chiedi scusa?”.
“Perché mi sono commossa”.

venerdì 24 aprile 2015

Eccoci arrivati alla rubrica del venerdì!


CONSIDERAZIONI NOTTURNE E DINTORNI

E’ colpa degli Skiantos e della loro canzone dal titolo “Sono un ribelle mamma” se mi è venuta la brillante idea di ripescare dal memoriale di un liceale il periodo in cui avevo deciso di tirare fuori la parte di me più ribelle e dissacrante. A quel tempo mi ero messo in testa di combattere l’ipocrisia, in particolare di oppormi al potere dei ciellini e alla boria del caporedattore del giornalino d’istituto. 

Il giornalino d’istituto è una maledetta presa in giro e il bello è che nessuno ha mai fiatato!
Qualche mese fa ho sfogliato il primo numero, sei pagine sei!, non scherzo, di diavolerie sulla vita del caporedattore, un Koyote mondiale con la erre moscia che gioca a fare l’intellettuale di sinistra e sbava nozioni, ne sa due o tre e sbava sempre quelle con l’unico obiettivo di accalappiare più quartine possibili.
Che tristezza infinita!
Non parliamo poi di quelle poesie melense e banali che un pescatore di merluzzi scriverebbe meglio e sorvoliamo sui moralismi di una Suorina di cielle, che a dispetto della setta di provenienza, si dice abbia già soddisfatto parecchi manzi.
Così, inorridito da quel giornalino, ho deciso di prendere carta e penna e scrivere una bella lettera dissacrante, sotto pseudonimo, Alex, quello di Arancia Meccanica che andava in giro a picchiare la gente, con la sua cricca, fischiettando “I sing in the rain” mentre sferrava le sue bastonate. E i bersagli principali delle mie bastonate erano la setta ciellina e il caporedattore intellettuale di sinistra.
Non ci crederete ma da quando ho appeso la letterina graffiante nella bacheca sita sul pianerottolo del primo piano, Alex è diventato un mito.
Ieri più che un’assemblea d’istituto sembrava il tribunale dell’inquisizione. E l’inquisito era il povero Alex, pronto per essere cotto al rogo dalle massime cariche del potere ciellino. Ma senza dubbio il più offeso era lui, il caporedattore del giornalino che in pochi giorni aveva assistito impotente al calo di consensi tra la fauna ginnasiale. Così, con apparente calma olimpica, prende la parola e tuona, “Cavo Alex, è tutto qui il tuo covaggio? Spavave a zevo nascondendoti sotto pseudonimi? Io la chiamo codavdia”.
Questo è troppo, penso, ora o mai più, così mi alzo nel clamore generale e, coraggioso come Mel Gibson in Bravehart, strappo il microfono dalle mani di quel saccentello con la evve moscia.

Continua…

Lo so lo so che avreste voluto sapere come va a finire questo faccia a faccia tra il capovedattore e l’eretico Alex e che per l’eccitazione dell’attesa non dormirete, ma in fondo dovrete attendere solo una settimana. 



mercoledì 22 aprile 2015

Eccoci pronti alla rubrica del mercoledì! Anche oggi il protagonista indiscusso è il nostro Edmondo.


SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA MEGLIO 


Oggi nella sala polivalente ad Runcfrèdd più che un incontro tra docili e teneri vecchietti sembrava un ritrovo di estremisti islamici.
Non faccio in tempo a terminare l’articolo di giornale sull’ennesimo episodio di violenza contro le donne che si scatena Edmondo.
“La violenza c’è perché la donna è il sesso debole e allora l'uomo se ne approfitta. Anche nel regno animale è così, la femmina confronto al maschio è un sesso debole. La donna deve stare in casa a fare i lavori e l'uomo deve lavorare e portare a casa i soldi. Invece adesso è tutto cambiato, anche la donna va a lavorare. Una volta le donne le prendevano, al ciapeva dal bòti e al staseva zét (prendevano le botte e stavano zitte)”, sfodera la solita frase in dialetto per rafforzare il concetto.
“Il problema è che le donne adesso vogliono comandare anche in politica. Guarda la Barbara D’Urso, quel putanone” salta su Piero dal suo angolo vicino alla finestra.
“Ma Barbara D’Urso non è in politica” specifico.
“E’ lo stesso, è comunque un putanone”.
“Ve lo dico io” riprende la parola Edmondo, “Il problema è che la donna dovrebbe solo starsene in casa a badare i bambini, perché già a fare questo avrebbe più daffare che gli uomini. L'uomo dato che possiede la forza deve fare i lavori pesanti e portare a casa i soldi. Le donne negli anni trenta non contavano proprio nulla, erano schiave e basta! Fino a che non sono insorte le femministe la donna era schiava, c'è poco da fare. Poi è andata al governo la Cicciolina e tutto è cambiato”.
“Quindi è merito della Cicciolina se le donne hanno alzato la testa?” gli domando.
“Sì, è anche merito suo se adesso anche loro comandano qualcosa. E allora gli uomini vogliono rimetterle al loro posto, ecco perché succedono le violenze”.
“Ma tu come ti sei comportato con tua moglie Giustina?”.
Edmondo mi guarda, ci pensa su, e con una certa fierezza mi dice: “Io non l’ho mai toccata nemmeno con un fiore”.

lunedì 20 aprile 2015

Come ogni lunedì è scoccata l'ora della nostra rubrica!


LO PSICOLOGO NON SERVE A NIENTE?


Stamattina mi si presenta allo Sportello Ascolto Michelangelo, un ragazzino piuttosto buffo, con gli occhialini da intellettuale e un abbigliamento un po’ demodé.
Già l’anno scorso abbiamo avuto un paio di colloqui e mi aveva subito provocato un misto di simpatia e tenerezza.
Oggi ha lo sguardo cupo e la testa bassa, mi dice che si sente l’ombra di se stesso.
“E perché?” gli chiedo.
“Un sacco di motivi”.
“Se ti va intanto dimmene uno”.
“Per San Valentino ho regalato a Martina una confezione di baci” mi rivela.
“Bel gesto” gli dico io, “E lei?”.
“E lei se n’è mangiato uno, mi ha detto grazie e poi non si è più fatta sentire”.
“Accidenti, un duro colpo” gli dico.
“Lascia perdere, ci sono abituato, piuttosto c’è un fatto che mi turba molto di più” mi fa sconsolato mentre comincia a giocherellare nervosamente con il cellulare.
“Dimmi pure”.
“Sono entrato nei siti governativi del Pentagono e ho scoperto delle brutte cose” mi svela guardandosi intorno e abbassando la voce.
“E cos’hai scoperto”.
“Hai presente l’ebola? Ecco, l’hanno messa in giro gli americani per fare degli esperimenti biologici”.
“Ah sì?? E perché non avverti le unità competenti?” la butto là mantenendo la voce ai minimi decibel.
“Perché nessuno mi crederebbe. Nessuno crede alla parola di uno solo, le persone credono alle parole di tanti” mi fa disilluso.
“Quello che dici è sacrosanto” e annuisco, “Ma chi è a conoscenza di questi segreti?”.
“Tre persone, ma due sono morte” risponde con una vena di malinconia.
A questo punto sono curioso e gli domando, “E la terza chi è?”.
“La terza sei tu!”. 



venerdì 17 aprile 2015

Eccoci pronti alla rubrica del venerdì, oggi accompagnata dalle note di una canzone.


CONSIDERAZIONI NOTTURNE E DINTORNI


Quando mi imbatto in certe canzoni è come se all’improvviso mi ritrovassi al volante della DeLorean, come Michael J. Fox in “Ritorno al futuro”.
Così l’altra sera dopo aver ascoltato almeno una decina di volte “Gli anni” degli 883, uno dei pezzi più significativi della mia adolescenza, mi è venuta voglia di ripescare dalla cantina i miei quadernetti su cui, ai tempi del liceo, tenevo una specie di diario di bordo dal titolo, Memoriale di un liceale.
E allora ho avuto la brillante idea di condividerne alcuni stralci insieme a voi.

Ci sono giorni che ti svegli con il sole che penetra nella tua camera ma è come se penetrasse dentro di te illuminando a festa il buio che sembra non passare mai. In quei giorni la sfera che parte dalle tue adidas fosforescenti disegna parabole magiche che nessuno avrebbe mai immaginato, in quei giorni basta poco per sentirti vivo. Bastano quattro stronzate con gli amici storici, una corsa in motorino per le vie di Cesena e i baci rubati a qualche ragazzina all’uscita della scuola.
Se ti guardi indietro però senti come un vuoto che questi giorni non possono riempire, Anna ora è lontana, a regalare i suoi occhi dolci ad altri, a scrivere lettere d’amore a qualche altro ragazzo incontrato chissà dove, a chiacchierare per ore con la sua amica Mary mentre con le dita si aggiusta i capelli dietro le orecchie, cercando di nascondere un po’ di quella tristezza che conosco solo io.
Da poco se n’è andata con quel silenzio di ghiaccio che qualcuno potrebbe scambiare per indifferenza, ma tu sai che è solo una difesa.
….
Ci sono anche giorni che scorrono lenti e intorpiditi come le tue movenze quando ti aggiri per la casa con il pilota automatico, alla ricerca di qualcosa che sembra non arrivare mai. Passi i pomeriggi incassato sulla sedia con lo sguardo narcotizzato e la testa ciondolante sul libro di filosofia o su qualche intraducibile versione di latino. In questi giorni la tua vita è come un film che hai già visto mille volte: gli stessi zombie erranti lungo i corridoi del liceo, gli stessi giri sotto ai portici, nel centro di Cesena, a osservare sempre le stesse facce stordite da qualche cannetta di troppo e preoccupate solo di cosa fare il sabato sera.
….
In questi giorni vorresti aspettare notte fonda e balzare sul tuo motorino come il vecchio John Whyne sul suo fidato cavallo e andartene in giro per le vie della città mentre tutti dormono, respirando un po’ di pace che altrimenti dentro di te non troverai mai. Questi sono giorni in cui una strana sensazione ti sale sul corpo e quelle gocce ininterrotte di pioggia sono come una prigione.
E allora non ti resta che andare sul punto più alto della collina e capire che tutta quell’immensità che stai osservando continuerà a esistere anche quando tu non ci sarai più.


mercoledì 15 aprile 2015

Eccoci pronti alla rubrica del mercoledì. Buona lettura!


SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA MEGLIO



A Runcfrèdd abbiamo l’onore di ospitare un James Bond con l’alzheimer e tre bypass. E’ un ex muratore con due mani che sembrano dei badili e si chiama Edmondo. Come ogni James Bond che si rispetti è affiancato da una Bond girl, sua moglie Giustina, che dice solo due parole ma elevate alla seconda: “Sì, sì” e “Tutti Tutti”.
Edmondo ha scoperto un intrigo che vede coinvolti i comuni, la mutua e il governo.
Durante la consueta rassegna stampa mattutina stiamo parlando di crisi economica e ci rivela che dai piani alti hanno escogitato una soluzione, i video block.
“Cosa sono questi video block?” chiedo.
“Sono delle parabole da cui partono delle scariche da milioni di volt che ti fanno secco in un secondo senza che te ne accorgi”.
“E chi fanno secco?”.
“Quelli che pesano sulle casse dello stato come per esempio gli ammalati… e anche quelli che hanno dei debiti. Per esempio lassù c’è un video block” e mi indica la parabola della casa di fronte, “La vedi?”.
“Certo che la vedo”.
“Ecco, un’operatrice comanda quel video block e se decide di inviarti la scarica, buum sei morto!”.
“Ma come fa a mandarmi la scarica?”.
“Spinge un bottone e la scarica arriva in diretta, come un fulmine!”.
“Ma perché scelgono una persona piuttosto che un’altra?”.
“Questo video block è saltato fuori quando non si sapeva come fare ad andare avanti con l’economia, la mutua era piena di debiti, quindi fasém che amazém!” esclama in dialetto.
“Ma chi è che sceglie quali persone far fuori?”.
“Il collegio comunale si riunisce e dice, ammazziamo questa persona! Ma prima fanno una ricerca per vedere quanti debiti hai fatto e se sei malato”.
“Cioè il collegio dice, per esempio, Tommaso è un disgraziato, ci fa spendere un sacco di soldi e quindi lo ammazzano?” domando io.
“Proprio così!”.
“Scusa Edmondo, ma chi ha inventato questi video block?”.
“Non so se posso dirtelo… Lo sappiamo solo io e mia moglie”.
Si volta verso la Bond girl e fa, “Glielo diciamo Giustina?”.
Lei con un sorriso frutto di 300 ml di depakin fa, “Sì sì, tutti tutti”.
Allora James Edmondo Bond mi si avvicina all’orecchio e mi sussurra, “E’ stato Berlusconi!”.


lunedì 13 aprile 2015

Eccoci alla rubrica del lunedì! Buon inizio settimana a tutti!


LO PSICOLOGO NON SERVE A NIENTE?


Oggi mentre salgo le scale di un istituto professionale mi imbatto in un gruppetto di ragazzi e noto in particolare un tipo che tra qualche anno potrebbe fare il tronista dalla De Filippi. Bel fisico, pettinatura rasata sotto e più lunga sopra e abbigliamento all’ultima moda con quei bei risvolti nei pantaloni come vanno adesso (anche se a me sembrano piuttosto da gara di pesca al lago Lungo). Le ragazze gli sorridono e ammiccano e si vede che a lui piace stare al centro dell’attenzione.
Il primo ragazzo con cui ho appuntamento oggi è un certo Samuele che non ho mai visto prima. Sento bussare e quando dico “avanti” mi trovo di fronte il tipo di cui parlavo poco sopra con i pantaloni da gara di pesca.
Mi sembra diverso da come l’ho visto prima in mezzo ai coetanei, meno spavaldo e molto più ansioso, addirittura ha la bocca un po’ impastata e muove nervosamente la gamba.
“Ho paura” mi dice.
“Di cosa?” chiedo.
“Di uscire da qui. Non so se sono pronto, dentro mi sento ancora un bambino. Mi mancherà un po’ tutto di questa scuola. Eppure…” mi fa mentre comincia a mangiucchiarsi le unghie.
“Eppure?”.
“Eppure è da quando ho iniziato la scuola che aspettavo questo momento: arrivare in quinta e liberarmi dello studio. E invece ora vorrei tornare in prima, anzi vorrei tornare bambino, senza pensieri e senza responsabilità. In un certo senso la scuola è come una culla. Se penso che tra qualche giorno ci sarà la festa dei cento giorni, cioè mancheranno cento giorni alla fine, mi sento come un magone qui dentro” e mi indica il petto, “E’ come se avessi già nostalgia”.
“Mi sembra di capire che hai un po’ paura del futuro e dei cambiamenti” gli faccio.
“Non lo so, so solo che ho paura di crescere” mi dice con gli occhi lucidi.

venerdì 10 aprile 2015

Eccoci puntualissimi alla nostra rubrica del venerdì!


CONSIDERAZIONI NOTTURNE E DINTORNI

Ode alle cabine telefoniche. Parte terza.


Non ci crederete ma ha impiegato meno tempo Ulisse a fare ritorno a Itaca da Penelope che io a baciare Marika.
E vi giuro che è stata un’impresa eroica aspettare tutto quel tempo perché la quartina in questione aveva una bocca così a cuore e due occhi così dolci che era quasi impossibile resisterle. Credo sia stato più facile per Odisseo non cedere al richiamo delle sirene.
Senza contare che dopo ogni uscita mi chiamavano in serie i miei amici storici, Nello, Lobo, Toni e Ringhio e prima ancora che potessi dire pronto mi avevano già chiesto, “Allora cosa ci hai fatto?”.
E io mi vergognavo a rivelare che ancora non avevamo limonato perché lei non si sentiva pronta e che al massimo mi aveva concesso due baci sulle guance prima di salutarci. Così, per non fare la figura dello sfigato, mi mettevo a raccontare una specie di filmino porno e gli amici storici, non contenti, insistevano perché scendessi ancora di più nei dettagli.  
Poi un pomeriggio, a distanza di un paio di mesi dal nostro primo incontro, Marika e io passeggiavamo per il centro quando dei nuvoloni neri hanno oscurato il cielo e sono cominciati i tuoni e i lampi neanche fosse l’apocalisse. Io allora le ho preso la mano e ci siamo messi a correre ma il temporale si è scatenato inesorabile sulle nostre teste. Mi sono guardato intorno e ho individuato un rifugio perfetto: la stessa cabina telefonica della nostra prima telefonata. Ci siamo infilati dentro e mi sono sentito come Ulisse in mezzo a Scilla e Cariddi. Marika aveva i capelli zuppi e il respiro affannato che sapeva di menta. Ci siamo fissati con le labbra a pochi centimetri e poi finalmente ci siamo baciati, per tutta la durata del temporale, senza mai prendere fiato. E’ stata una signora che doveva telefonare a rompere l’incantesimo mentre fuori cominciava ad affacciarsi il sole.

Pensate un po’ che quella è una delle poche cabine telefoniche che ancora resiste a Cesena ma proprio qualche giorno fa, appiccicato al vetro, ho letto questo avviso. 






mercoledì 8 aprile 2015

Eccoci arrivati alla nostra rubrica del mercoledì. Buona giornata a tutti!


 SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA MEGLIO



“Allora riprendiamo con la storia del benzinaio” faccio io.
Ma ecco che la signora Imma, ex governante di un famoso medico di Cesena, alza timidamente la mano come se fosse a scuola, “Scusa vorrei dire una cosina anch’io”.
“Certo cara dimmi”.
“Ai marocchini bisogna farli andare a casa sua e non venire più in Italia” mi fa con una grinta inaspettata.
“Ma quel rapinatore che è morto era un Rom italiano” preciso.
“E’ lo stesso, i marocchini devono stare al loro paese perché loro vogliono comandare” sentenzia.
“Comandare? Spiegami meglio”.
“Sì questa è gente di pretesa e non rispettano le leggi”.
“Perché i rumeni e gli albanesi? Che gentaglia!” interviene Piero dal suo angolo vicino alla finestra.
Mi accorgo che sto perdendo il parterre di mano e comincia a regnare l’anarchia.
“Mia mamma mi diceva sempre di spararci alle gambe ai criminali così li ferisci ma non ti mettono in prigione” interviene la saggia Anna B..
“Macchè alle gambe, mò màzli!”, è Piero che inveisce in dialetto.
“Tanto vengono qua, fanno i reati e dopo due giorni sono fuori”, è una disillusa Imma a riprendere la parola.
“Va là che io farei occhio per occhio dente per dente così se la smettono una buona volta!” si rianima Ercole.
Per un attimo mi dimentico di essere in una Casa di Riposo, culla di saggezza, e penso di essere capitato nel bel mezzo di una riunione segreta della Gestapo.
“Quando ero in Svizzera negli anni cinquanta noi eravamo dei gran lavoratori e non sgridavamo mai con nessuno invece c’erano i marocchini che non avevano voglia di fare niente”, è la Mariottina che salta su dal nulla.
“Perché negli anni cinquanta in Svizzera c’erano i marocchini?” le faccio un po’ perplesso.
“Massì quelli che vengono dalla bassa Italia, come si chiamano, i maruchén” mi specifica in dialetto nel caso non avessi afferrato il concetto.
“Ah scusa, adesso ho capito” sospiro. 
“Tomaso guarda qua” mi fa Ercole con un sorriso soddisfatto. Io mi volto e vedo che solleva un foglio su cui era impresso questo slogan: IO STO CON STACCHIO.

lunedì 6 aprile 2015

Eccoci alla nostra rubrica del lunedì. Colgo l'occasione per augurarvi BUONA PASQUETTA!


LO PSICOLOGO NON SERVE A NIENTE?


Ho davanti a me Arianna, una ragazza di prima con dei grandi occhiali con la montatura nera e una pettinatura mascolina con la rasatura da una parte. Sembra fortissima e determinata ma quando poco prima mi ha parlato del suo ex moroso che l’ha piantata in asso senza troppe spiegazioni è scoppiata a piangere e mi ha chiesto scusa come se piangere, o meglio mostrare quello che si prova, fosse un gesto di maleducazione.
Io l’ho subito rassicurata e le ho spiegato che qui allo Sportello d’Ascolto i ragazzi hanno una grande opportunità, essere se stessi, e che piangere può essere terapeutico.
“E poi qui non ti giudica nessuno” le dico mentre le passo un fazzoletto.
Non appena si ricompone le chiedo, “Per te che cos'è l’amore?”.
Una domanda che può sembrare banale ma Arianna si sente in difficoltà.
“Quello che ti viene da qui” e le indico la pancia.
“Non lo so” e solleva al cielo i grandi occhiali con la montatura nera, “Forse trovare in una persona quello che non trovi nelle altre”.
Mi guarda come per cercare approvazione.
“Continua continua, stai andando benissimo” e le sorrido.
“Star bene con una persona, ma non come stai con gli amici. Come stavo con lui non stavo con nessuno, mi sentivo protetta”.
“Protetta da chi?”.
“Da tutto il mondo, con lui non poteva succedermi niente. All’improvviso non avevo più paura delle prese in giro e in mezzo agli altri non avevo più quella sensazione di essere inadeguata. Non so se mi capisci, mi faceva da scudo”.
Arianna scoppia ancora a piangere e io la lascio singhiozzare.
Quando si alza e si avvia alla porta mi dice, “Non so perché ma ora mi sento più leggera”.

venerdì 3 aprile 2015

Eccoci alla rubrica del venerdì!


CONSIDERAZIONI NOTTURNE E DINTORNI

 
Ode alle cabine telefoniche. Parte seconda.

 

Vi assicuro che ci hanno messo meno tempo i Greci a conquistare Troia che io a conquistare Marika, una ragazza di quarta ginnasio, mentre io facevo la prima liceo, che mi piaceva da matti.
Infatti dopo che ho impiegato due mesi per rivolgerle la parola, durante un’assemblea d’istituto, e scoprire il suo cognome, ho impiegato un altro mese per estrapolare dall’elenco tre numeri di telefono che potessero corrispondere a quello di casa sua.
Così un pomeriggio mi sono deciso. Ho preso il coraggio a due mani e sono partito per la grande impresa. Ho trafugato un bel po’ di spillatico dal portafoglio di mamma e con zero gradi e la neve che cominciava a scendere mi sono barricato dentro la cabina telefonica.
Ho infilato duecento lire a raffica e digitato il primo numero con il cuore che mi pulsava nelle tempie.
“Pronto!”, è stata una voce femminile a rispondere.
“Buongiorno, c’è Marika?” ho chiesto un po’ intimidito.
“Chiii?” ha fatto la voce dall’altro capo della cornetta.
“Marika” ho risposto più deciso.
“Non compriamo niente noi” e ha riattaccato.
Ho digitato il secondo numero ma non ha risposto nessuno. A quel punto mi rimaneva solo l’ultima cartuccia da sparare.
Dopo un’infinità di squilli, avvilito, ero sul punto di buttare giù quando ho sentito rispondere “Pronto!”.
Era la nonna di Marika che però non capiva chi fossi, anche perché io rimanevo mooolto sul vago, e allora la signora bofonchiando qualche improperio ha passato la cornetta al nonno ma nemmeno lui capiva chi fosse ‘sto amico di scuola quindi alla fine è dovuto intervenire il padre in persona che con la voce impostata mi ha fatto il terzo grado e per poco non mi sottoponeva alla macchina della verità.
Così prima ancora di parlare con Marika avevo conosciuto buona parte del suo albero genealogico.
Comunque Marika ed io quel pomeriggio abbiamo parlato un sacco di tempo e non mi accorgevo nemmeno che i piedi e le mani mi si stavano assiderando. Nel frattempo ho conosciuto anche la sorella grande che esigeva il telefono entro due secondi e la mamma che è entrata in camera ordinando alla figlia di mettere immediatamente giù.
E alla fine quando sono uscito da quella astronavicella rossa con la promessa che ci saremmo visti l’indomani pomeriggio in centro e con le neve che mi scricchiolava sotto le scarpe, mi sentivo invincibile come Ulisse dopo la conquista di Troia.
Ero pronto a partire per la mia Odissea.  

mercoledì 1 aprile 2015

Eccoci nuovamente alla nostra rubrica del mercoledì!



SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA MEGLIO

Parte prima


Qui nella Casa di Riposo ad Runcfrèdd tra i miei anziani regna l’amore, la comprensione, il rispetto per il prossimo e un’accoglienza di stampo cristiano.
Ogni giorno mi commuovo di fronte alla saggezza che li contraddistingue e che più in generale contraddistingue la terza età.
E tutto ciò emerge durante la nostra quotidiana “rassegna stampa” nella sala polivalente con i miei anziani sistemati a ferro di cavallo e io di fronte a loro.
Oggi, per esempio, siamo partiti dall’episodio del benzinaio che ha sparato ad un rapinatore, un italiano Rom, colpendone l’arteria femorale e procurandone la morte. Da lì abbiamo affrontato i grandi temi dell’immigrazione e dell’integrazione.
Ma andiamo con ordine.
Dopo aver letto il fatto del benzinaio, butto là una domanda generica: “Cosa ne pensate dell’episodio?”.
Ercole con il cappellino dei Boston Celtics in testa si liscia i baffetti bianchi e fa: “Al benzinaio ci dovrebbero dare la medaglia d’oro, i delinquenti vanno trattati da delinquenti”.
“Quindi ha fatto la fine che meritava” lo provoco io.
“Certo, la società ci ha guadagnato… Uno di meno!” rincara.
Nel frattempo la Rosa, ricordate, la sosia di papa Ratzinger, sblocca la carrozzina e si avvia di gran carriera verso il bagno ululando “Signoraaa”.
“Cosa vuoi ancora dalle signore!?!” le urla Ercole.
La Rosa allora lo guarda in cagnesco e fa, “Ecchevuoi tu? Devo andare in bagno!”.
“Ma se ci sei andata due volte in mezz'ora! Adesso stai buona lì!” la sfida lui.
“E a te che te ne frega!?!”.
“Va là che io ti avrei già messo il pannolone” fa Ercole.
“Il pannolone te lo metti tu” ringhia la Rosa.
Vi assicuro che sarebbero andati avanti tutta la mattina e forse sarebbero volate parole pesanti e cancheri vari se non fossi intervenuto io, con il mio savoir faire da mediatore, a riportare la calma.