lunedì 29 giugno 2015

Oggi nella consueta rubrica del lunedì siamo ancora in compagnia di Riccardo.

LO PSICOLOGO NON SERVE A NIENTE?

Seconda parte

“Anche questa settimana sono stato nervoso e il bello è che me ne rendo conto ma è come se dentro avessi una forza che non riesco a controllare” si rammarica Riccardo, “Ho mandato affanc, ci siamo capiti, la prof di diritto… lo so che non si fa ma quella se lo merita, ce l’ha sempre avuta con me. E come se non bastasse ho preso Mengo, un mio compagno di classe, per il colletto e l’ho sbattuto al muro solo perché non mi voleva dare un pezzo del suo panino. Risultato: due giorni di sospensione”.
“Quindi continui a sentire questa rabbia che non riesci a gestire” gli dico.
“Forse inizio a capire qualcosa…” rimane in sospeso un paio di secondi, “E credo che c’entri con quello lì”.
“Con tuo papà, vero?”.
Riccardo sospira e comincia a torturarsi le unghie, “E’ come se da quando vengo qui avessi tirato via il coperchio e ora non riesco a controllare più né i pensieri né le emozioni. E ti giuro che quando ho deciso di venire da te per buttare fuori tutta questa rabbia che sentivo qua dentro” e mi indica il petto, “non pensavo che fosse legata a quello lì, credevo c’entrasse qualcosa con l’adolescenza e gli ormoni”.
“Quindi stai iniziando a collegare il tuo nervosismo incontrollabile alla situazione con papà?”.
Ora Riccardo, oltre alle unghie, comincia a mangiucchiarsi una pellicina sul labbro, “Pensare che fino a pochi anni fa ero un angelo. Sono sempre stato il più alto e prestante della classe e stavo sempre dalla parte dei deboli. Non alzavo mai le mani, semplicemente mi mettevo nel mezzo e allontanavo il prepotente”.
“Quindi facevi un po’ il mediatore” specifico io.
“Il mediatore! Proprio così” Riccardo sembra soddisfatto dell’appellativo, “E’ che sono sempre stato abituato a esserlo, con i miei intendo. Dopo che si sono separati ero io a fare da tramite e a cercare di calmare le acque… Ma non ci sono riuscito”.
“Non credo fosse tuo il compito di fare il mediatore, tu eri un bambino e il tuo unico compito era di fare il bambino”.
“Eppure mi sento in colpa”, Riccardo sbuffa e guarda il soffitto come se cercasse una risposta dall’alto, “E’ che a pensarci bene mi sento un po’ responsabile per tutta questa situazione, come se avessi fallito”.
“Riccardo, credo che tu non abbia fallito in nulla, forse ti hanno dato dei compiti che non spettavano a te…”.
“Forse io me li sono presi”, mi interrompe.
“Forse, ma ricordati se ora ti trovi in questa situazione non è colpa tua” gli dico calcando il tono sulle ultime parole.

Anche la settimana prossima continueremo ad addentrarci nei vissuti di Riccardo. Stessa storia, stesso posto, stesso blog.

venerdì 26 giugno 2015

Oggi nella nostra rubrica del venerdì si parla di bullismo. Qui di seguito la prima parte.


CONSIDERAZIONI NOTTURNE E DINTORNI

Prima parte

Valeria pensa che oggi sia il giorno più bello della sua vita, finalmente incontrerà Mattia, quello troppo figo della 3°A. Ieri sera le ha scritto, “Piccola ci vediamo alle due al giardino dei ciliegi” e poi le ha mandato la faccina con i bacini a forma di cuore. Le ha detto anche di aver scelto un posto un po’ appartato perché così potranno stare tranquilli.
Valeria avrebbe preferito un luogo più frequentato, meno impegnativo, magari nei giardinetti del centro dopo essersi presi un cono gelato, ma non voleva fare la figura della bambina e allora ha accettato senza fare storie.
Tanto cosa vuoi che mi faccia al primo appuntamento?  
Sì, perché in realtà non si sono mai nemmeno parlati, anzi, a scuola quando lo incrocia, Mattia è sempre attorniato da quattro cinque amici e fa finta di non conoscerla. Una volta Valeria gli ha anche domandato, per messaggio, perché a scuola non la cagasse e lui le ha scritto che quei Koglioni dei suoi amici rischierebbero di rovinare una storia che potrebbe diventare bellissima.
In fondo pensa che Mattia abbia ragione, ci si inizia a conoscere piano piano, lontano da occhi indiscreti, e poi in un secondo momento si ufficializza la storia così da vivere il proprio amore alla luce del sole come tutti.
Valeria non si spiega ancora come lui, il più ambito della scuola abbia potuto notarla. In fondo non è sicuramente una di quelle strafighe che si vedono in giro per i corridoi. Anzi, è cicciottella, ha quei capelli rossicci né lisci né ricci, che non stanno da nessuna parte e a dirla tutta anche di viso non è un granché, a metà tra una bambina e una ragazzina che comincia a mettere su anche un po’ di acne.
Che poi ha fatto tutto lui, prima l’ha contatta su facebook, poi si sono scambiati i numeri di cellulare e da due mesi a questa parte hanno cominciato uno scambio continuo di messaggi su whatsapp. Però non si sono mai sentiti per telefono perché Mattia dice che è più bello scriversi e immaginarsi.
A dir la verità Valeria pensava che stesse con Eloisa, la sua compagna di classe bocciata, quella che si crede una modella e la guarda sempre come se fosse la ragazza più cessa del pianeta. Infatti a inizio anno li ha visti baciarsi sul motorino di Mattia e una volta lei ha detto a Valeria con fare arrogante, “Ti piace eh il mio ragazzo?”. Ma poi dalle voci di corridoio aveva carpito che non stessero più insieme. Valeria non toccherebbe mai e poi mai il ragazzo di un’altra, soprattutto se questa sta in classe sua e gira con la Casadei e la Bellini, ovvero tipe che si racconta frequentino brutti giri.
Da un po’ di tempo a questa parte le sembra che quelle tre ce l’abbiano con lei, infatti oltre a fissarla con disprezzo, ogni volta che in classe prende la parola cominciano a guardarsi e a ridacchiare.
E se avessero scoperto qualcosa su me e Mattia? Mannò, lui è troppo riservato!

Non perdetevi la prossima puntata in cui Valeria si presenterà all’appuntamento nel giardino dei ciliegi. Stesso posto, stesso giorno, stesso blog.  

mercoledì 24 giugno 2015

Eccoci all'attesissima rubrica del mercoledì ancora una volta in compagnia di Lino flagello di Dio.


SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA MEGLIO

Parte terza


Ci siamo lasciati con Lino flagello di Dio che in compagnia di Mollica e Piretta, al cospetto del coordinatore, scocca la sua minaccia, “O la prossima settimana torno a casa o chiamo i Nas e questo posto lo faccio chiudere, parola del Parisi!”.
Una minaccia questa che nei giorni successivi ha continuato a ripetere a chiunque gli capitasse a tiro. E Chiunque cercava di gettare acqua sul fuoco, di spiegargli che quassù è un piccolo Paradiso terrestre, che siamo come una famiglia e che presto si sarebbe ambientato.
“Paradiso un cazzo!” ringhiava, “Io voglio andare a casa mia!”.
E’ capitato anche che lo vedessi scartabellare l’elenco telefonico e comporre dei numeri sul suo cellulare. Dovete sapere che, alla faccia della demenza, flagello di Dio è più bravo di me a usare gli apparecchi tecnologici e sa pure andare su whatsapp.
Comunque stavo dicendo di averlo visto manovrare il cellulare in modo a mio avviso sospetto e, fatto ancor più strano, ogni volta che qualcuno gli passava vicino lui si appartava abbassando sempre di più il tono della voce, come un investigatore in incognito.
Poi tre giorni fa si presenta quassù, nella casa di riposo ad Runcfrèdd, un signore bassotto con un naso rosso tipo Mastro Ciliegia. In realtà sentiamo prima il rumore molesto della sua Ape smarmittata e solo in un secondo momento vediamo lui. Si qualifica come Aldo Betti di Savignano, da cinquant’anni compagno di bevute e di gnocca del nostro Lino. Flagello di Dio sembrava più allegro del solito e già questo mi puzzava, in più non appariva affatto sorpreso di vedere Mastro Ciliegia. Ad ogni modo Aldo chiede il permesso di portare il compagno di gnocca al bar del paese e il permesso gli viene accordato con la speranza che una persona amica lo faccia ragionare.
Sarà passata un’ora quando vediamo inchiodare davanti alla nostra casa di riposo, in fila indiana e con il lampeggiante, una macchina dei carabinieri e una della polizia e subito dietro Mastro Ciliegia che spinge la carrozzina di Lino a sua volta seguito da un manipolo di giocatori di carte del bar.
Per farla breve, il nostro flagello di Dio in meno di un’ora ha sparso la voce per tutto il paese che quassù noi torturiamo gli anziani, che il cibo è avariato e che ci sono dei topi grandi come dei cani. Da lì, non contento, è passato perfino al commissariato ripetendo le medesime accuse confermate dall’affidabilissimo amico Aldo.
Così ci siamo trovati, sparso per tutta la casa di riposo, l’intero nucleo operativo della zona che si è messo a perlustrare ogni angolo della struttura e che ovviamente non ha riscontrato alcuna irregolarità. Anzi, quello che doveva essere il capo, dopo essersi scusato con tutto il personale, indica Lino flagello di Dio e fa con un sorrisino sardonico, “Proprio un bell’acquisto!”. 
Dopo essersi beccato sgridate e minacce da tutti i suoi parenti e in particolare dal figlio, pensate che Lino si sia pentito o che? Neanche per sogno! La stessa sera, prima di spegnere la luce e dormire ha proferito la seguente frase: “Non finisce qui!”.

lunedì 22 giugno 2015

Eccoci alla nostra rubrica del lunedì in compagnia di Riccardo. Buona lettura!


LO PSICOLOGO NON SERVE A NIENTE?

Prima parte

Riccardo ha sedici anni ma ne dimostra almeno venti. Alto, spalle larghe, occhi verdi e denti perfettamente allineati. Nella sua classe è una specie di idolo per il successo che gode tra il pubblico femminile e ora sta con una che ha addirittura otto anni in più.
Siamo al terzo colloquio, ormai tra di noi si è instaurato un rapporto di fiducia e spesso durante l’intervallo mi viene a salutare e mi chiede se ho posto per lui.
Nel primo incontro mi racconta, con una certa indifferenza, che i suoi sono separati da dieci anni, che non vede suo padre da tre perché si è messo con una bulgara e che ha preferito seguire lei in una città del nord Italia piuttosto che rimanere vicino ai figli.
Subito dopo però precisa quasi con disprezzo, “Mica sono qui per parlare di quello lì, è che ultimamente mi sento nervoso e l’altra sera ho quasi spaccato la faccia a un ragazzo solo perché mi era sembrato che guardasse la mia morosa... Sono arrivato addirittura a spaventarmi della mia stessa reazione”.
Durante il secondo colloquio mi conferma questo suo stato di nervosismo tanto che ha anche litigato di brutto con il compagno della mamma che a detta sua vuole fare il padre. “Si deve mettere in quella sua testina di cazzo che lui non è mio padre!”, Riccardo alza la voce e mi fissa con un’espressione rabbiosa.
Oggi, appena si siede, noto subito che è più pensieroso e mi sembra che abbia perso quella sicurezza dei colloqui precedenti.
“Non so cosa mi sia successo, sarà che da quando vengo qui ragiono di più, ma questa settimana ho ripensato a quello lì” e lo dice quasi come si sentisse in colpa.
Quello lì sarebbe tuo padre o sbaglio?”.
“Proprio così…” rimane un attimo in silenzio poi fa “Mi è venuto in mente un ricordo e ti assicuro che di solito quando sto per pensare a quello lì faccio di tutto per scacciare via la sua immagine… infatti è come se in questi anni lo avessi rimosso e nei miei ricordi ci fosse un buco nero. Ma questa volta è stato più forte di me”.
“Me lo vuoi descrivere?”.
“Quando giocava la Juve, la domenica sera, veniva a casa nostra con le patatine e la coca cola e ci mettevamo sul divano a guardare la partita. Un giorno poi mi ha portato la maglia di Del Piero che era il nostro idolo” e sorride forzatamente, come per evitare di piangere.
“Che emozione ti dà questo ricordo?”.
Ci pensa su poi fa, “Nessuna, indifferenza totale”.
“La tua espressione mi dice altro”.
Allora Riccardo si lascia andare a un sospiro, “Forse tristezza, forse rabbia, non riesco a capire”.
“Avresti voglia di vederlo?” gli chiedo a bruciapelo.
Mi guarda con un misto di sorpresa e rabbia come se la mia fosse una domanda sconveniente e forse un po’ stronza.
“Ho voglia di vedere quello lì?” ripete quasi con disgusto, “Neanche per sogno!”. 

Lo so lo so che vi ho lasciato un po’ in sospeso, ma la prossima volta cercheremo di capire da dove nasce la rabbia di Riccardo. 

venerdì 19 giugno 2015

Eccoci alla consueta rubrica del venerdì in compagnia di un vero Scrittore in carne e ossa.


CONSIDERAZIONI NOTTURNE E DINTORNI


Ieri ho avuto il piacere di ospitare nella mia Cesena Nicola Pezzoli, uno Scrittore di quelli che definisco appunto con la esse maiuscola, sia per l’immensa passione che mette nel suo lavoro sia per il grande talento che Madre Natura gli ha donato.
Certamente non potevo scortarlo verso il luogo della presentazione, ovvero la libreria Giunti, senza fare tappa in uno dei bar più caratteristici di Cesena, “l’Atelièr del caffè”, proprio di fianco al Duomo, e condividere un drink, forse due, un po’ come rito propiziatorio, un po’, forse un bel po’,  per sciogliere la lingua.
Così abbiamo passato una piacevolissima ora a parlare dell’impertinente e tenero Corradino, ovvero il protagonista del romanzo “Chiudi gli occhi e guarda”, che mi apprestavo a presentare, oltre che di letteratura, editoria e progetti futuri.
E dissertando di tutto questo con Nicola ho scoperto di essere di fronte non solo ad uno Scrittore con la esse maiuscola, ma anche ad un uomo sensibile, coerente e di grande spessore culturale.
Dopo un paio di drink, come potete notare da questa foto, eravamo pronti per partire.




Saranno stati i drink, sarà stato che quando si parla con uno Scrittore con la esse maiuscola il tempo vola ma è capitato che per la prima volta mi è dispiaciuto dover terminare, per ovvi motivi, la presentazione.
E in quella saletta della Giunti è successo un fatto strano: a un certo punto è come se il nostro dodicenne Corradino si fosse materializzato e si fosse seduto lì, in mezzo a noi, e si aveva come l’impressione che la voce di Nicola si sovrapponesse a quella del protagonista e viceversa.
In quel momento ho pensato che succede proprio così quando uno Scrittore è davvero onesto, quando riesce a scavare nell’io del personaggio e come si dice, non prende in giro il lettore.
E vi assicuro che Nicola, leggendo alcuni passi del romanzo, ci ha fatto sorridere e ci ha fatto commuovere e credo che per uno Scrittore suscitare questo scompiglio emotivo sia la massima aspirazione.  



Per concludere in bellezza siamo tornati all’Atelièr del caffè e lì, nei tavolini di fuori, accanto al Duomo, sorseggiando stavolta un analcolico, Nicola è tornato Nicola e Corradino si è ritufatto dentro alle pagine di questo splendido romanzo. 

mercoledì 17 giugno 2015

Eccoci alla rubrica del mercoledì in compagnia di Lino flagello di Dio. Buona lettura!

SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA MEGLIO

Parte seconda

Come anticipato nella scorsa puntata, Lino flagello di Dio nei suoi primi quindici giorni di permanenza ha messo a ferro e fuoco la casa di riposo ad Runcfrèdd.
D’altronde mi aveva avvisato, “Se non mi fate tornare a casa, io questo posto lo distruggo quantèveroiddio!”.
E così è partito con piccoli dispetti come per esempio alzare la televisione a tutto volume mentre i miei vecchietti e io leggiamo e commentiamo le notizie del giornale.
Poi ha cercato di assassinare la Ginetta, una povera novantenne disfagica che può ingoiare solo cibi addensati, passandole un bel cappelletto di carne.
In un attimo la signora Ginetta è diventata rossa come un pomodoro, ha cominciato a tossire e a rigurgitare e solo il miracoloso intervento dell’infermiera e delle operatrici l’hanno salvata da un drammatico soffocamento.
Non contento, il giorno seguente si è appropinquato a Merloni, un vecchietto con un Alzheimer avanzato che passa ventitre ore su ventiquattro a cercare di smontare il tavolino della carrozzina o le sponde del letto ripetendo “Portatemi a Sorrivoli!”. Ebbene, Lino, con una destrezza degna di MacGyver, gli ha svitato il tavolino e il nostro Merloni per un attimo ha assaporato il sogno di tornare a Sorrivoli con le proprie gambe. Ma, ahilui, la fuga si è infranta in prossimità dell’uscita per il pronto placcaggio da parte di due operatori.
E non è finita qui, pochi giorni dopo abbiamo scoperto anche che Lino flagello di Dio è un uomo di parola infatti sentite un po’ cos’ha combinato.
Prima ha stretto amicizia con Piretta e Mollica, due ultraottantenni che solitamente se ne stanno sulle loro e non hanno mai dato grattacapi, poi li ha convinti che la casa di riposo ad Runcfrèdd è una specie di Alcatraz, dove si mangia male, i bicchieri sono sporchi e che quindi bisogna farla chiudere al più presto.
Così, l’altra mattina, Lino, Piretta e Mollica avanzano per il corridoio spingendo i loro bolidi alimentati a catetere e accerchiano il coordinatore come una navigata gang di narcotrafficanti sudamericani.
E’ ovviamente Lino a prendere la parola, “O la prossima settimana torno a casa o chiamo i Nas e questo posto lo faccio chiudere, parola del Parisi!” minaccia mentre Piretta e Mollica gli fanno eco con un “Ben detto!”.
Il coordinatore cerca di ascoltarlo, comprenderlo e farlo ragionare, ma con scarsi risultati, infatti Lino conclude con questa frase, “Non mi credi? Aspetta qualche giorno e vedrai!”.
Sono convinto che nella sua testa il nostro coordinatore non potesse minimamente immaginare che Lino flagello di Dio parlasse sul serio.  

Lo so lo so che vorreste sapere che cos'ha combinato il nostro flagello ma dovrete aspettare la prossima settimana. Vi aspetto qui: stessa storia, stesso posto, stesso blog.  

lunedì 15 giugno 2015

Oggi abbandoniamo, ma solo per questa settimana, la consueta rubrica del lunedì "Lo psicologo non serve a niente?" per lasciare il posto alla recensione di un libro che mi ha particolarmente colpito ed emozionato. 


CHIUDI GLI OCCHI E GUARDA

di Nicola Pezzoli




Nicola Pezzoli nel suo ultimo romanzo “Chiudi gli occhi e guarda” narra una storia semplice e profonda: un ragazzino dodicenne, Corradino, va in vacanza con la mamma al mare (anzi al Mare quello con la emme maiuscola), a Marina Ligure, ospite degli zii. E’ Corradino stesso che ci rende partecipi delle sue esperienze di quella estate del ’79: luoghi, personaggi, relazioni e soprattutto emozioni.
E a noi lettori sembra di viverla quella sua prima estate al Mare e di immergerci in quel suo mondo un po’ strampalato e intimo in compagnia di una galleria di indimenticabili personaggi, primo fra tutti lo zio cieco, un tenero bestemmiatore che a detta della moglie, la zia Fernanda, “vuole essere trattato come uno che ci vede meglio degli altri”.
Come dimenticare poi il Cercopitocco, l’uomo più avaro del mondo? Impossibile!
Poi ci sono tutte le emozioni e i turbamenti che solo un ragazzino alle soglie dell’adolescenza può provare, in quella terra di mezzo tra infanzia e nuove consapevolezze proprie di un’età più adulta. I primi peccaminosi brividi d’amore per la biscugina Ilaria che ha più del doppio dei suoi anni, il gruppo di amici al Bagno Italia con cui condivide le scorribande in spiaggia e Daniela che ben presto diventa la sua ossessione.
E in tutto questo suo mondo variegato il nostro Corradino è sempre e comunque alla ricerca dell’amore, di una guida e della propria identità.
Ne scaturisce un romanzo davvero singolare, affidato a un linguaggio mobile e cangiante, ironico e provocatorio.
L’uso delle parole spesso si fa gioco e l’autore trova combinazioni nuove, inventa e contamina, elabora e ri-elabora un vissuto di forte intensità emotiva.
Vi assicuro che leggere il romanzo di Nicola Pezzoli è come tuffarsi nell’oceano e trovarsi di fronte alla barriera corallina. 

Piccola nota biografica dell'autore:

Nicola Pezzoli, classe 1967, vive e scrive in Lombardia. Ha pubblicato i romanzi Tutta colpa di Tondelli (Kaos, 2008) e Quattro soli a motore (Neo, 2012). Blogger attivissimo con il link zioscriba.blogspot.it.


venerdì 12 giugno 2015

Eccoci alla consueta rubrica del venerdì in compagnia del nostro Liceale.


CONSIDERAZIONI NOTTURNE E DINTORNI

Alcuni stralci dal memoriale del nostro Liceale:

E’ la notte prima dell’esame di maturità, la sveglia che ti ha regalato la zia Maria per la cresima segna mezzanotte e cinque. Tra circa otto ore hai lo scritto di italiano.
Hai lasciato perdere quel patetico tentativo di costruirti una cartucciera piena di temi già scritti da altri nel migliore dei modi, vuoi dimostrare a quei quattro che anche tu hai un tuo stile. E quei quattro li troverai dietro la cattedra, uno di fianco all’altro.
Te li vedi come in un’istantanea: il professore d’italiano, sosia perfetto di Giuliano Ferrara, con il borsone liso e il sigaro sempre in bocca, Mingoni, il prof di matematica, stressato fino al midollo per la separazione dalla moglie, la gnomica e femminista prof di greco, che secondo voialtri è anche lesbica e ce l’ha su con i maschi, e infine Rubini, il prof di storia e filosofia, che si pulisce le orecchie con le stanghette degli occhiali.
Ora stai rivivendo gli ultimi mesi di permanenza dentro al Regio e ripensi a quell’insopportabile clima di nevrosi generale. Nella tua classe uno strano virus si era impossessato delle tue compagne che all’improvviso non erano più le tue compagne di sempre, bensì gli zombie di “A volte ritornano” con alcuni tratti sadomaso. Infatti si facevano terrorismo reciproco, ripescando leggende assurde raccontate dagli amici degli amici di un lontano cugino che parlavano di accadimenti paranormali, così da spaventare se stesse e le altre.
Voi sette maschi, invece, allo stato brado, con barba incolta, ascella tonante ed esplosioni di brufoli continuavate ad affliggervi con la stessa frase, “Se avessimo studiato durante l’anno!”.
Il vostro quartier generale era la cucina di casa tua e questo era lo scenario: tavolo pieno di libri, il Rocci, il Castiglioni Mariotti con la copertina stracciata, l’Antigone piena di cazzi disegnati da Nello, pile di Bignami e il Paradiso di Dante, biscotti del Mulino Bianco sparsi sulla tovaglia, pepsi calda, rutto libero e Rossi che ogni tanto metteva su il porno dell’amico di suo padre.

….

All’improvviso ti rendi conto che ormai è mezzanotte e mezza ma le palpebre non accennano a chiudersi. Metti su per l’ennesima volta “Notte prima degli esami” di Venditti mentre la tua mente è invasa da quelle domande a cui nessuno è ancora riuscito a trovare una risposta scientificamente dimostrabile.
Cosa cambierà in te dopo la maturità?
Forse ti comporterai come conviene per stare al mondo nella maniera più adeguata? O forse dovrai abbandonare gli stupidi sogni di vincere le “Coppe dei Campioni”? O magari sarai costretto a modellare la tua maschera a immagine e somiglianza di qualche intellettualoide e narcisista professore universitario?
Non lo sai, ma non hai fretta di diventare grande.


Intanto il buon Venditti canta “Gli esami sono vicini e tu sei troppo lontana dalla mia stanza…”. Ripensi a Tea, se n’è andata qualche mese fa, era stanca della tua totale incapacità di prendere decisioni, diceva sempre che guardavi la vita da fuori e non lasciavi che ti attraversasse.
Le avevi fatto mille promesse, poi quando era giunto il momento di stare insieme hai avuto paura, ti sei tirato indietro da bravo vigliacco e lei ha deciso di dire basta una volta per tutte.
E tu non te l’aspettavi, non pensavi potesse fare a meno di te e invece ora i suoi occhi nocciola guardano quel ragazzo bruttino che non potrà mai conoscerla fino in fondo come la conosci tu.
Ma è la solita questione delle distanze, se Tea ti si avvicina troppo scappi e ti chiudi a riccio ma se lei si allontana stai come un cane e la insegui come fosse la tua ragione di vita.
Ormai è l’una e mezza, anche l’immagine di Tea svanisce, Venditti ha smesso di cantare, si sente solo il frinire delle cicale e a te sembra di non ricordare nulla di quello che hai studiato ma poi pensi, “Me la caverò anche questa volta, proprio come ho sempre fatto”.
Solo allora ti addormenti.   

Lo so che è una delle canzoni più utilizzate nella storia della musica italiana ma rimane un pezzo splendido.


mercoledì 10 giugno 2015

Eccoci all'attesissima rubrica del mercoledì in compagnia di Lino.


SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA MEGLIO

Parte prima


Da quindici giorni qui nella casa di riposo ad Runcfrèdd abbiamo una new entry. Una new entry con i fiocchi, non solo perché ha più bye pass che denti e una demenza che a tratti lo rende un potenziale hooligans ma anche perché qualche mese fa ha rischiato di diventare famoso. Il suo nome è Lino Parisi e per poco non finiva in prima serata su Rai 3 con uno share del 12,44%.
Infatti un bel giorno di ottobre Lino, con la patente fresca di rinnovo, sfugge al controllo della badante polacca, si mette alla guida della sua Panda rossa e decide di raggiungere la sorella che vive a Zurigo, o meglio viveva, visto che è morta da un decennio.
Il figlio Mauro allertato dalla badante si mette alla ricerca del padre con scarsi risultati. Successivamente coinvolge la polizia ma Lino non si trova da nessuna parte.
E’ allora che tenta l’ultima disperata carta, “Chi l’ha visto?”. Ha appena chiamato la redazione, inviato dati e foto quando arriva una telefonata da Bagno di Romagna.
Una famigliola a passeggio nel bosco dello gnomo Mentino si è imbattuta in un uomo che in stato confusionale chiedeva informazioni alla statua di un nanetto.
E potete immaginare chi fosse.
Poche settimane dopo Lino mentre sale sulla sedia per cambiare una lampadina scivola e si rompe il femore. Per il figlio la soluzione migliore è fare domanda per una casa di riposo e il destino vuole che il primo posto libero sia qui da noi.
Così, quindici giorni fa, Mauro si presenta con il padre e di primo impatto mi spaventa. E’ così secco e nervoso che già lo vedo emulare Michael Douglas nel film “Un giorno di ordinaria follia” e mi chiedo se non sia lui ad avere più bisogno di un bel soggiorno qui da noi.
Lino, dal canto suo, segue il figlio a bordo della carrozzina e non fa altro che bestemmiare, dice che vuole tornare a casa. Mauro lo tranquillizza come un padre che deve lasciare il figlio all’asilo e prima di dileguarsi gli fa “Papà prendila come una vacanza”.
“Come una vacanza il cazzo” gli risponde Lino e da lì capisco che la new entry è un tipo tosto.
Infatti passano due giorni e mentre riordino la sala polivalente dopo le attività di disegno sento una voce, “Ragazzo!”.
Mi giro di scatto e indovinate chi mi ritrovo a pochi centimetri dai piedi a bordo del suo bolide che mi guarda minaccioso. Logico, Lino.
“Ragazzo!” ripete, “Se non mi fate tornare a casa, io questo posto lo distruggo quantèveroiddio!”.
E’ in quel momento che mi sono immaginato una proporzione: Lino sarebbe stato alla casa di riposo come Attila flagello di Dio all’Impero romano d’Occidente.
E non mi sbagliavo di molto. 

Per seguire le strabilianti imprese di Lino flagello di Dio dovrete attendere la settimana prossima!

lunedì 8 giugno 2015

Eccoci alla consueta rubrica del lunedì in compagnia di Dora.


LO PSICOLOGO NON SERVE A NIENTE?


Dora è in ritardo di dieci minuti e comincio a pensare che abbia cambiato idea ma non appena mi alzo per far chiamare dalla bidella un altro ragazzo sento bussare.
E’ lei.
Capelli neri corti ai lati e scompigliati sopra, trucco nero, polsino nero e maglietta con la stampa di “Use your Illusion II” dei Guns N’ Roses.
Da come cammina e da come si siede penso che le sia costato uno sforzo immane trovare il coraggio per bussare qui allo Sportello. E ora si è pentita e vorrebbe scappare via.
Al suono del gong Dora rimane subito sulla difensiva con le braccia conserte e, tra un monosillabo e un altro, oltre a un pearcing sulla narice e uno tra il labbro e il mento, ne noto un terzo infilzato nella lingua con cui gioca nervosamente nei momenti di silenzio.
Mi trovo un attimo in difficoltà, rischio di imbrigliarmi in uno stucchevole botta e risposta ma poi guardo la maglia: “Use your Illusion II”.
Quanto ho ascoltato quella cassetta! A distanza di vent’anni me ne ero quasi dimenticato. A carnevale, in quarta ginnasio, mi ero addirittura vestito da Slash con il parruccone riccio e gli occhiali da sole a goccia.
Così cominciamo a parlare del cd, dei Guns e della musica rock e scopro che canta in un gruppo. Mi fa vedere una foto: è sul palco che fa la linguaccia con il dito medio sollevato al cielo.
“Nella vita di tutti i giorni sono timida e parlo poco, in classe sono sempre per conto mio, ma quando sto su un palco non ho paura di niente e di nessuno! Potrei avere di fronte anche centomila persone!” mi dice.
Poi continua a parlare della sua passione per la musica e dei concerti fino a che, quando ormai mancano pochi minuti al gong finale, mi fa: “Io in realtà ero venuta qui per parlare di un fatto”.
“Dimmi pure Dora”.
“E’ da un anno che ho un dubbio su me stessa”, esita un attimo un po’ imbarazzata, “E’ un dubbio sessuale e mi distrugge non sapere. Guardo le ragazze e sento un impulso. Ho provato un approccio con un’amica bisessuale… e sono stata bene. Tutto questo mi spaventa”.
“Che cosa in particolare ti spaventa?” le chiedo.
“E’ che sento di non avere più il controllo su me stessa, non so se accettare queste mie pulsioni o reprimerle ed essere normale come sono tutte”.
“Perché dovresti reprimerle?”.
“Ho paura di essere davvero lesbica ma soprattutto temo la reazione dei miei genitori e la delusione che gli darei. Qualche mese fa mi hanno chiesto, Non sarai mica lesbica?, io ho negato e io mi sono subito messa con un ragazzo”.
“E ci stai tuttora?”.
“Sì ma non provo niente e lo faccio solo perché lo devo fare…”. 


P.S.: E' sottinteso che ogni riferimento a nomi, persone o cose è puramente casuale. 



Ecco la copertina di questo splendido album.


venerdì 5 giugno 2015

Eccoci alla nostra rubrica del venerdì! Oggi siamo in compagnia di una crew di malinconici Liceali.


CONSIDERAZIONI NOTTURNE E DINTORNI


Se fate i vostri conti, i ragazzi che completano il corso di studi vivranno almeno tredici “ultimi giorni di scuola”, ovviamente qualcuno in più se si viene segati. Ma il vero e autentico “Ultimo giorno di scuola”, quello appunto con la “U” maiuscola, è solo uno.
E io me lo ricordo bene quello con la “U” maiuscola, per intenderci della terza liceo, o come si dice per non creare confusione del quinto e ultimo anno.
Mancano pochi minuti a quella campanella che nella mia vita non avrei mai più sentito. E già allora l’avverbio mai, così come l’avverbio sempre, mi faceva venire l’angoscia solo a pensarci. Sarà perché sono un abitudinario e ho sempre, appunto, fatto fatica a lasciare qualcosa o qualcuno.
E’ il lontano ’97, Nello, Lobo, Gordon, Toni, Lava, Alan e io siamo seduti sui gradini polverosi del terzo piano e sembriamo un gruppo di nostalgici sfigati del pianeta terra pronti per essere spediti su Marte. Proprio così, credo che tutti in quel momento sentissimo l’attesa della campanella come il preludio a un viaggio senza ritorno verso un luogo pericoloso e sconosciuto.
“Te lo ricordi il primo giorno di scuola?”, sono io a rompere il silenzio, “Te Nello avevi un maglioncino uguale uguale a quello che si mette mio nonno la domenica… per non parlare della riga da una parte” e scoppiamo tutti a ridere.
“Stai zitto valà che eri alto un metro e un cazzo e avevi l’apparecchio” ribatte Nello che intanto mi rifila un pugno sulla spalla.
“Quando vi ho visto per la prima volta ho pensato che compagni sfigati mi sono capitati!”.
“Perché te invece no?” salta su Toni con un sorrisetto beffardo.
“Sì, forse anch’io” ammetto.
“Eravamo fuori moda, fuori dai gruppi, fuori da tutto, e abbiamo iniziato a stare sempre tra di noi” fa Lobo.
“Tra sfigati appunto… E’ sempre così, si sta con i propri simili”, è Toni a parlare.
“Gli altri al sabato andavano in discoteca al Vidia e noi facevamo i pigiama party”, scuote la testa Gordon.
“Ma dove andavamo con quelle facce!?!” interviene Lobo, “Lava che sembrava un mezzo finocchio, Toni che andava in giro con la felpa del Milan, Nello sempre sui greppi con la bicicletta, per non parlare di voi” e con lo sguardo passa in rassegna Alan, Gordon e il sottoscritto.
“Te stai zitto che scoreggiavi in classe” gli faccio sardonico.
“A dì mi scappavano”.
Dopo un attimo di silenzio è Alan che prende la parola, “Non vi accorgete che state parlando solo del passato?”.
“Sì è vero, sembriamo quei vecchietti al parco che ricordano i tempi andati” conferma Gordon.
“E’ che il futuro ci fa paura, chissà come saremo tra vent’anni…” faccio io.
“Tu sarai pelato come tuo padre!” ribatte Nello che non riesce proprio a fare il serio.
“Di sicuro non ci perderemo mai”, Toni fa appena in tempo a sparare la frase da libro “Cuore” che suona la nostra ultima campanella, direzione Marte.
“E’ finita anche questa!” farfuglio tra me e me, “E adesso cosa sarà di noi?”.



mercoledì 3 giugno 2015

Eccoci alla rubrica del mercoledì in compagnia dei nostri scatenati vecchietti.


SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA MEGLIO

Parte seconda

Dopo la definizione d’alta scuola di Edmondo sul tema dell’omosessualità per riprendermi mi sono dovuto calare una bustina di zucchero. Così, con un’energia ritrovata, ho fatto ritorno nella sala polivalente pronto per continuare il dibattito.
“Allora stavamo parlando dell’omosess…”, non faccio in tempo a finire la frase che si intromette un’Irma ancora più agguerrita, “E’ una malattia!” esclama, “Si deve curare dallo psichiatra”.
“Spiegami meglio” le faccio.
“Lo psichiatra gli dà delle medicine per guarirlo”, si blocca un attimo con un’espressione pensierosa, “Però non so se le hanno già inventate”.
“Forse le stanno sperimentando e ci vorrà qualche anno per metterle in commercio” interviene un Piero quasi deluso.
“Per me invece si diventa!”, è della Mariuccia la voce fuori dal coro.
“Come si fa a diventare gay?” le chiedo.
“Sono uomini che hanno avuto delle delusioni dalle donne e allora dicono, dai proviamo con gli uomini” ci spiega.
“Anche secondo me si diventa” salta su la Mafalda, “Uno si sente più maschile e uno più femminile”.
“A me non mi dà fastidio che si accompagnano” azzarda una progressista Anna, “Ma senza andare in chiesa a dare spettacolo”.
“Sì, perché adesso si vogliono anche sposare!” rilancia con disprezzo l’Angelina.
“Mi pare di capire che non sei d’accordo” la provoco.
“Puah!” e simula uno sputo, “E’ contro la natura, la religione e la famiglia… Per fortuna che io muoio prima di vederli sposati anche in Italia”.
“E trampò vogliono anche i figli” scuote la testa Piero.
“Gli uomosessuali non si accontentano mica, hanno anche le pretese!”, rincara
l’Irma. 
“Io ai finocchi li lasciavo andare per la sua strada, io andavo con le donne!” recita orgoglioso Piero.
“Io ce l’ho la soluzione”, è Edmondo a prendere la parola e ve lo giuro, ho quasi paura.
“Sentiamo”.
“Io farei come quando c’era Mussolini, tutti in galera!” e sbatte il pugno sul tavolino.
Rabbrividisco. Ho bisogno di calarmi un’altra bustina di zucchero.


lunedì 1 giugno 2015

Eccoci alla consueta rubrica del lunedì. Oggi Rihab ha preso la sua decisione definitiva.


LO PSICOLOGO NON SERVE A NIENTE?

Parte terza

Rihab entra allo Sportello con un sorriso così luminoso che sembra uno spicchio di luna.
“Ci sono riuscita, ho lasciato Abdul!” esclama soddisfatta.
“Mi sembri molto felice” le faccio.
“Sono sollevata, anche quel nodo che avevo nella gola mi si è sciolto”.
“Lui come ha reagito?”.
“Prima ha insistito con il discorso che possiamo cambiare insieme e che vuole rimanere con me ma che non può tornare quello di prima. Io allora gli ho risposto che non posso cambiare com’è cambiato lui perché non ho fatto le sue stesse riflessioni e desidero una vita diversa”.
“Sei stata brava a prendere una decisione” le sorrido, “Soprattutto se è la decisione che ti rende più felice”.
“Proprio così! Sono orgogliosa di me per aver fatto questa scelta, mi sono accorta che non vedevo l’ora di lasciarlo e di uscire da questa palude, mi sembrava che la mia vita da troppi mesi si fosse come fermata”.
“Non è facile lasciare una persona così importante, ci vuole del tempo per elaborare la decisione”.
“Sì infatti, l’altra sera prima di dormire pensavo che in realtà, dentro di me, l’avevo già lasciato tre mesi fa… Forse avevo già scelto ma non avevo il coraggio di ammetterlo per prima a me stessa e poi a lui. Ora però a dir la verità un po’ mi sento in colpa per Abdul” si intristisce. 
“Perché?”.
“Perché l’ho lasciato solo, con quella storia della religione si è isolato da tutto e tutti”.
“Se ci pensi bene anche lui ha fatto una scelta”.
“E’ vero, e lo sai cosa mi ha detto quando ha capito che non sarei tornata sui miei passi? Se è quello che vuoi va bene!”.
“Una frase da persona matura” le faccio.
“Eh sì, Abdul è un bravo ragazzo”.
Rihab rimane con un’aria pensierosa per qualche secondo poi all’improvviso i suoi occhi color petrolio si illuminano come dei fuochi d’artificio.
“Domenica ho conosciuto un altro ragazzo, si chiama Robert” e sorride un po’ maliziosa.