lunedì 22 giugno 2015

Eccoci alla nostra rubrica del lunedì in compagnia di Riccardo. Buona lettura!


LO PSICOLOGO NON SERVE A NIENTE?

Prima parte

Riccardo ha sedici anni ma ne dimostra almeno venti. Alto, spalle larghe, occhi verdi e denti perfettamente allineati. Nella sua classe è una specie di idolo per il successo che gode tra il pubblico femminile e ora sta con una che ha addirittura otto anni in più.
Siamo al terzo colloquio, ormai tra di noi si è instaurato un rapporto di fiducia e spesso durante l’intervallo mi viene a salutare e mi chiede se ho posto per lui.
Nel primo incontro mi racconta, con una certa indifferenza, che i suoi sono separati da dieci anni, che non vede suo padre da tre perché si è messo con una bulgara e che ha preferito seguire lei in una città del nord Italia piuttosto che rimanere vicino ai figli.
Subito dopo però precisa quasi con disprezzo, “Mica sono qui per parlare di quello lì, è che ultimamente mi sento nervoso e l’altra sera ho quasi spaccato la faccia a un ragazzo solo perché mi era sembrato che guardasse la mia morosa... Sono arrivato addirittura a spaventarmi della mia stessa reazione”.
Durante il secondo colloquio mi conferma questo suo stato di nervosismo tanto che ha anche litigato di brutto con il compagno della mamma che a detta sua vuole fare il padre. “Si deve mettere in quella sua testina di cazzo che lui non è mio padre!”, Riccardo alza la voce e mi fissa con un’espressione rabbiosa.
Oggi, appena si siede, noto subito che è più pensieroso e mi sembra che abbia perso quella sicurezza dei colloqui precedenti.
“Non so cosa mi sia successo, sarà che da quando vengo qui ragiono di più, ma questa settimana ho ripensato a quello lì” e lo dice quasi come si sentisse in colpa.
Quello lì sarebbe tuo padre o sbaglio?”.
“Proprio così…” rimane un attimo in silenzio poi fa “Mi è venuto in mente un ricordo e ti assicuro che di solito quando sto per pensare a quello lì faccio di tutto per scacciare via la sua immagine… infatti è come se in questi anni lo avessi rimosso e nei miei ricordi ci fosse un buco nero. Ma questa volta è stato più forte di me”.
“Me lo vuoi descrivere?”.
“Quando giocava la Juve, la domenica sera, veniva a casa nostra con le patatine e la coca cola e ci mettevamo sul divano a guardare la partita. Un giorno poi mi ha portato la maglia di Del Piero che era il nostro idolo” e sorride forzatamente, come per evitare di piangere.
“Che emozione ti dà questo ricordo?”.
Ci pensa su poi fa, “Nessuna, indifferenza totale”.
“La tua espressione mi dice altro”.
Allora Riccardo si lascia andare a un sospiro, “Forse tristezza, forse rabbia, non riesco a capire”.
“Avresti voglia di vederlo?” gli chiedo a bruciapelo.
Mi guarda con un misto di sorpresa e rabbia come se la mia fosse una domanda sconveniente e forse un po’ stronza.
“Ho voglia di vedere quello lì?” ripete quasi con disgusto, “Neanche per sogno!”. 

Lo so lo so che vi ho lasciato un po’ in sospeso, ma la prossima volta cercheremo di capire da dove nasce la rabbia di Riccardo. 

Nessun commento:

Posta un commento