LO PSICOLOGO NON SERVE A NIENTE?
Parte terza
Rihab
entra allo Sportello con un sorriso
così luminoso che sembra uno spicchio di luna.
“Ci
sono riuscita, ho lasciato Abdul!” esclama soddisfatta.
“Mi
sembri molto felice” le faccio.
“Sono
sollevata, anche quel nodo che avevo nella gola mi si è sciolto”.
“Lui
come ha reagito?”.
“Prima
ha insistito con il discorso che possiamo cambiare insieme e che vuole rimanere
con me ma che non può tornare quello di prima. Io allora gli ho risposto che non
posso cambiare com’è cambiato lui perché non ho fatto le sue stesse riflessioni
e desidero una vita diversa”.
“Sei
stata brava a prendere una decisione” le sorrido, “Soprattutto se è la
decisione che ti rende più felice”.
“Proprio
così! Sono orgogliosa di me per aver fatto questa scelta, mi sono accorta che
non vedevo l’ora di lasciarlo e di uscire da questa palude, mi sembrava che la
mia vita da troppi mesi si fosse come fermata”.
“Non
è facile lasciare una persona così importante, ci vuole del tempo per elaborare
la decisione”.
“Sì
infatti, l’altra sera prima di dormire pensavo che in realtà, dentro di me,
l’avevo già lasciato tre mesi fa… Forse avevo già scelto ma non avevo il
coraggio di ammetterlo per prima a me stessa e poi a lui. Ora però a dir la
verità un po’ mi sento in colpa per Abdul” si intristisce.
“Perché?”.
“Perché
l’ho lasciato solo, con quella storia della religione si è isolato da tutto e
tutti”.
“Se
ci pensi bene anche lui ha fatto una scelta”.
“E’
vero, e lo sai cosa mi ha detto quando ha capito che non sarei tornata sui miei
passi? Se è quello che vuoi va bene!”.
“Una
frase da persona matura” le faccio.
“Eh
sì, Abdul è un bravo ragazzo”.
Rihab
rimane con un’aria pensierosa per qualche secondo poi all’improvviso i suoi
occhi color petrolio si illuminano come dei fuochi d’artificio.
“Domenica
ho conosciuto un altro ragazzo, si chiama Robert” e sorride un po’ maliziosa.
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