mercoledì 25 novembre 2015

Eccoci pronti con la rubrica del mercoledì in compagnia dei nostri adorabili vecchietti che oggi celebrano la giornata mondiale contro la violenza sulle donne.


SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA MEGLIO


Oggi nella sala polivalente della casa di riposo ad Runcfrèdd anche la nostra banda di (s)pregiudicati vecchietti celebra la giornata mondiale contro la violenza sulle donne.
“C’è sempre stata!” ringhia la signora Irma, “Mi sembra di rivedere mio nonno proprio qui, pace all’anima sua”.
“E cosa faceva?” le domando.
“Picchiava a matto la nonna!” esclama con gli occhi spaventati di una bambina, “Ce l’ho ancora davanti, sbiadita, pallida e livida. Sembrava quasi una morta per tutte le botte che prendeva. Pensa che le sue figlie le preparavano una sedia se no cadeva per terra”.
“Qualcuno la difendeva?” le chiedo.
La signora Irma dopo un lungo sospiro scuote la testa, “No, perché poi le prendevano anche loro. Però una volta mi ci sono messa in mezzo io”.
“Accidenti che coraggio” le dico.
“Ho urlato, Basta di picchiare la nonna!, allora lui si è bloccato un attimo poi mi ha minacciato che se non me ne fossi andata via me le avrebbe date anche a me e si è messo la mano sulla cinghia. Io allora sono scappata a casa e ho raccontato tutto a mia mamma”.
“E lei?”.
“Ha detto, E’ vecchio strocco ma quel rospaccio continua a menare la nonna!”.
“Il nonno a te le ha mai date?” le chiedo.
“Non mi ha mai sfiorato e non ha mai sfiorato nemmeno i suoi figli… batteva solo la nonna” sospira con gli occhietti ancora spaventati, “Pace all’anima sua”, ripete come se si sentisse in colpa per aver macchiato il suo ricordo.
“Ringrazio la signora Irma per la sua testimonianza e volevo chiedere perché secondo voi si scatena nell’uomo questa violenza nei confronti delle donne”.
“Perché gli uomini sono arroganti!” interviene la signora Giuliana con un cerchietto celeste nuovo di zecca.
“Perché si ubriacano e perdono la testa!”, è la disamina sociologica della signora Mafalda.
“Perché sono gelosi e vedono cose che non esistono” interviene la garbata signora Pia.
“Va là che siete voi che andate in giro a fare le… ci siamo capiti, no? E poi vi lamentate se gli uomini si arrabbiano!” interviene Piero ferito da chissà quale trauma passato.
“Quindi secondo te l’uomo è giustificato a usare la violenza?” lo provoco.
Piero allora inaspettatamente si fa mansueto e scuote la testa, “No, no, le donne non si toccano nemmeno con un fiore… e quei bastardi che picchiano le donne li metterei in galera tutti e butterei la chiave nell’oceano!”.
Ed è così che dal parterre si alza un applauso convinto. 




mercoledì 18 novembre 2015

Oggi, nella consueta rubrica del mercoledì, tristezza, preoccupazione e rabbia si mischiano negli animi dei nostri adorabili vecchietti.


SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA MEGLIO


Gli effetti dei drammatici eventi Parigini si fanno sentire anche nella psiche dei nostri adorabili vecchietti. Siamo nella solita sala polivalente della casa di riposo ad Runcfrèdd e mentre ripercorro le tappe del famigerato 13 novembre il parterre comincia a surriscaldarsi. Vedo volti tristi, occhi preoccupati e smorfie di rabbia.
“Io a quei terroristi gli taglierei la gola e gli metterei la testa di un baghino!” , a intervenire è un indignatissimo Piero che ieri sera si è fatto un’overdose di Salvini su Rai 3.
“Bisogna buttarci delle bombe a quelli lì e farli fuori tutti!”, non poteva mancare l’intervento moderato della signora Irma.
“E poi dobbiamo chiudere le frontiere con il filo spinato e se passa qualcuno lo fai fuori!” è ancora Piero a cavalcare l’onda della rabbia.
“A me mi hanno ammazzato mio fratello”, a parlare con gli occhi lucidi è la signora Giuliana.
“Ma come?” domando io sorpreso.
“L’hanno preso a Ciola di Mercato Saraceno e l’hanno fucilato, perché quelli fanno così” mi spiega.
“Eh sì, ai tempi della seconda guerra mondiale purtroppo succedeva così” sospiro.
“Macché ai tempi della seconda guerra mondiale!” si infervora la signora Giuliana, “L’hanno ucciso qualche giorno fa quei maledetti!”.
“Quei maledetti?” faccio eco.
“Sì sì quei maledetti, i terroristi Islamici” specifica.
“Ma che cazzo dice questa!?!” si intromette Piero.
“Vi dico che è così! Si chiamava Moroni Sesto” insiste la signora Giuliana.
“Ma chi te l’ha detto?” le chiedo.
“L’hanno detto ieri alla televisione. C’erano tutte quelle bombe e quegli spari e a un certo punto hanno detto che Moroni Sesto aveva perso la vita” e quasi le scappa una lacrima.
“Ma non dire cazzate!” è sempre Piero a ribattere.
“Ti dico che è così!”, ora la signora Giuliana urla.
“Va bene” le faccio con un tono calmo e rassicurante, “adesso io e te chiamiamo casa e sentiamo se hanno informazioni più precise, d’accordo?” le domando.
La signora Giuliana scuote la testa, “Va bene chiamiamo, ma tanto so già che è morto”.

  

lunedì 16 novembre 2015

Prontissimi con la nostra rubrica del lunedì in compagnia di Roberto, un futuro pescatore.


LO PSICOLOGO NON SERVE A NIENTE?


Roberto ha quattordici anni ma ne dimostra almeno un paio di meno. Con quei capelli ruffi, gli occhi veloci e una esse romagnola doc non può che suscitare simpatia.
“A tredici anni è difficile scegliere la scuola e questa, per uno come me, è troppo difficile, cioè c’è troppo da studiare” mi dice a un certo punto, “è che alle medie ti costringono a prendere una decisione e allora cosa fai? Se sei fortunato hai già le idee chiare e non hai problemi, altrimenti o segui i tuoi amici o fai quello che dicono i tuoi genitori”.
“E tu a quale categoria appartieni?” gli chiedo.
“Io sono un po’ fuori categoria, cioè so cosa voglio fare da grande quindi una scuola vale l’altra e allora ho dato ascolto al consiglio di mio papà”.
“E cosa vuoi fare da grande?”.
“Il pescatore!” mi risponde deciso, “D’altronde quando cresci in una città di mare e hai un nonno che fin da piccolo ti porta a pescare è facile che ti appassioni”.
“Certo” annuisco, “ma i tuoi sono d’accordo?”.
Roberto fa una smorfia e su quegli occhietti veloci cala un velo di tristezza, “Mio padre non è molto d’accordo, vorrebbe che studiassi, ci tiene parecchio che vado a scuola ma io voglio solo la mia barca e le mie reti e sono felice così”.
“Secondo te perché papà vuole che tu studi?” gli domando.
“Dice che non devo fare il somaro come lui che è stato bocciato due volte e in terza media ha smesso. Mi ripete sempre che se studio ho un futuro migliore e non mi devo spaccare la schiena come se la sta spaccando lui”.
“Tu cosa avresti voluto fare?”.
“Dai, un professionale, dove basta poco per andare bene, qua invece devi impegnarti di brutto e io non ne ho voglia però provo ad andare avanti” mi dice poco convinto.
“Per tuo papà?”.
“Sì per lui e basta perché se fosse per me avrei già cambiato scuola”.




mercoledì 11 novembre 2015

Eccoci puntualissimi con la nostra rubrica del mercoledì in compagnia dei nostri adorabili vecchietti.


SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA MEGLIO


 Oggi qui nella sala polivalente della casa di riposo ad Runcfrèdd si affronta un tema molto delicato: la droga. E vi assicuro che la banda dei nostri (s)pregiudicatissimi vecchietti non ha nulla da invidiare ai vari Crepet, Andreoli e Morelli.
“Perché un ragazzino entra nel tunnel della droga?” esordisco io.
La signora Mafalda si schiarisce la voce con un bel colpo di tosse grassa e risponde, “Perché si vede che c’è qualcosa che non va, forse sono stufi della vita”.
“A sedici anni si può essere già stufi della vita?” domando.
“Magari non hanno amici, litigano con i genitori e vanno male a scuola e allora finiscono per drogarsi” spiega la signora Mafalda.
“Quindi ci si droga per delle mancanze?”.
Valà che non va bene drogarsi!” è l’immancabile signora Irma a prendere la parola con la sua proverbiale moderazione, “Adesso sono tutti così, una volta eravamo più seri, non esistevano tutte queste pazzie che fanno i ragazzi di oggi!”.
“Quali sono le pazzie che fanno i ragazzi di oggi?” le domando.
“Tutta questa droga, tutto questo sesso e tutta questa delinquenza!” si sdegna, “Una volta c’era più allegria, adesso ci sono più pensieri cattivi! Valà che noi dovevamo lavorare e non c’era tempo per tutte queste delinquenze!”.
“Per me” interviene con il solito garbo la signora Pia, “i ragazzi trovano nella droga quell’ebbrezza, quella gioia di vivere che nella loro vita non c’è… anche se per poco, per qualche minuto al massimo…”.
A questo punto mentre penso che la signora Pia con la sua cataratta appena operata potrebbe benissimo sostituire Crepet nei vari talk show le domando, “Ma perché hanno bisogno di provare questa ebbrezza di qualche minuto?”.
“Perché la vita è piuttosto dura, amara e cercano un diversivo” spiega.
“Sono tutte sciocchezze!” tuona Edmondo dall’ala destra, “I drogati sono come la malerba!
“La malerba?” faccio io.
“Sì sì la malerba che c’era in campagna” ribatte deciso Edmondo, “che se non la strappavi o non gli davi il veleno ti mangiava tutto il raccolto. Ecco, i drogati distruggono la società e vanno strappati via proprio come la malerba!”.
“Bé, ma possono guarire, non credi?” gli domando.
“No no” fa muovendo l’indice a destra e sinistra come un pendolino, “un drogato rimarrà drogato per sempre!”.




lunedì 9 novembre 2015

Siamo pronti con la nostra rubrica del lunedì in compagnia di Matilde e della sua paura di rimanere sola.


LO PSICOLOGO NON SERVE A NIENTE?


Oggi ho davanti a me Matilde, una ragazza di sedici anni con i capelli neri e le meches azzurre ma soprattutto due grandi occhi tristi.
“Dalle elementari mi considerano un’asociale” mi dice.
“E tu credi che sia così?”.
“Sì, credo che sia vero, non volevo parlare con nessuno”.
“Perché, Matilde?”.
“E’ molto difficile parlare con le altre persone, e poi” esita un attimo, “e poi a me non piace legare”.
“Ti fa paura legare?”.
Matilde abbassa i suoi grandi occhi tristi e fa, “Da piccola mi dicevano che le cose fanno male”.
“Spiegami bene che cosa sono le cose… e scusa il gioco di parole”, le sorrido.
“Le cose sono i sentimenti e forse le persone, almeno credo io”.
“Quindi ti hanno detto che le cose fanno male e tu hai interpretato che fossero i sentimenti e le persone?”.
“Proprio così!”, rimane un attimo in silenzio, “Eppure…”.
“Eppure?” le faccio eco.
“Eppure quando è morta mia nonna e sono andata al suo funerale, c’erano pochissime persone e mi è venuta una grande paura…”.
“Quale?”.
“Di rimanere sola, di morire da sola, proprio come mia nonna” mi dice mentre le si inumidiscono i grandi occhi tristi.
“Quindi ricerchi la solitudine ma in realtà ne hai paura” le faccio.
Matilde annuisce e cerca con tutte le sue forze di trattenere le lacrime poi sussurra, “Scusa”.
“E perché mi chiedi scusa?”.
“Perché mi sono commossa”.

venerdì 6 novembre 2015

Eccoci pronti con l’ultima attesissima puntata del raccontino “Incontri ravvicinati del quarto tipo”.


CONSIDERAZIONI NOTTURNE E DINTORNI


Quinta puntata


Devo essere svenuto, sta di fatto che nella testa è come se avessi un blocco di ghisa e ho il naso che mi pulsa. Vicino a me giace Davidino e per fortuna non si è mosso di un millimetro. Chissà se è morto? Forse no, mi sembra che respiri, piano, ma respiri. Un fatto è certo, per uscire da quell’incubo devo sfilargli le chiavi dalla tasca.
Mentre mi avvicino alla sua zona inguinale me la faccio letteralmente sotto ma grazie al cielo il Bambino Gigante non fa una piega così mi posso dedicare all’Idrovora che non mi sembra se la passi tanto bene. Anzi a dir la verità sta ridotta un disastro, ha la faccia tumefatta, i capelli strappati e respira pure male ma è già tanto che respiri. Appena la scrollo spalanca gli occhi e caccia un urlo così forte che devo tapparle la bocca ché se ci si sveglia Davidino sono cazzi amari. Poi mi metto il suo braccio intorno al collo, la sollevo e finalmente riusciamo a uscire da quel mattatoio. Visto che ci sono prendo su anche due bambole così le regalo a Rebecca per il Battesimo e ci faccio pure bella figura. L’Idrovora deve avere qualcosa di rotto, forse la gamba o qualche costola perché sta tutta torta e a ogni passo si lamenta. Mi devo spaccare la schiena per farla scavalcare e alla fine riusciamo ad arrivare alla macchina.
Sono le otto e mezza, mi tocca portarla al pronto soccorso non posso mica presentarmi al Battesimo con questa messa così.
E se poi mi muore in macchina?
Bé, mi dico, con qualche infrazione al codice della strada riesco ad arrivare in tempo alla chiesa. Do un occhio all’Idrovora, penso che più che di un dottore avrebbe bisogno di uno psicologo perché sembra leggermente traumatizzata, se ne sta lì a gemere e fissa il vuoto con gli occhi stravolti.
Brucio tutti i semafori e sono di fronte al pronto soccorso alle otto e trequarti in punto. So che saranno già tutti in chiesa a guardare l’orologio e a dire che tanto si sapeva che non c’era da fidarsi di quel cazzone di Alessandro. Magari ora chiamo e li avviso che tra poco sono lì. Ma non trovo il cellulare, chissà dove diavolo l’ho perso. Forse è meglio, così potrò godermi le facce sorprese quando mi vedranno arrivare puntuale come non mai, con il sorriso sulle labbra e due bambole per Rebecca. Dovranno ricredersi su Alessandro!
Comunque entro al pronto soccorso e non mi fermo neanche all’accettazione, vado direttamente in sala d’attesa. Sistemo l’Idrovora su una sedia e le dico “Scusami tanto ma ho il Battesimo, magari ci si sente più avanti…”.
Occhei, la mia buona azione oggi l’ho fatta anche se devo avere qualcosa che non quadra perché la gente mi guarda tra lo schifato e l’impaurito. Forse e dico forse, sarà perché ho la camicia un po’ sporca di sangue e il naso gonfio. Ma poco importa, mi ributto in macchina e via verso la chiesa. Dovrei cambiarmi ma ovviamente non ho il tempo e poi in fondo non sono vestito così male, ho solo il piccolo problema della camicia sporca di sangue ma se mi infilo il giacchetto nessuno se ne accorge.
Le otto e cinquantasette e sono al parcheggio davanti alla chiesa, addirittura in anticipo. Sono fiero di me. Vedo la gente che si riversa dentro, prendo su le bambole, apro lo sportello e scendo, ma dopo nemmeno due passi una macchina della polizia con il lampeggiante blu mi si para davanti. Scendono due energumeni con gli occhiali da sole.
“Ci può seguire in commissariato?” mi fanno.
“Ma ho il Battesimo di mia sorella”.
“Se si muove sarà libero per il rinfresco”.
Non so perché però mi suona da presa in giro.
“Ma io…”, non faccio in tempo a protestare che mi spingono dentro.
Do un’ultima occhiata alla chiesa e mi viene da piangere.




mercoledì 4 novembre 2015

Eccoci con la consueta rubrica del mercoledì in compagnia dei nostri (s)pregiudicati vecchietti. Oggi il tema è caldo e ha un solo nome: Berlusconi.


SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA MEGLIO



Oggi qui nella sala polivalente della casa di riposo ad Runcfrèdd è bastato un solo nome per risvegliare dal torpore autunnale gli animi dei nostri terribili vecchietti.
E questo nome è Berlusconi.
Ad aprire le danze è la signora Irma, “Ah quel maiale!”
“Perché maiale?” la provoco.
“Andava con le donne del mestiere!” replica sdegnata.
“Ma chi sono le donne del mestiere?” le chiedo candidamente.
“Come chi sono!?! Le puttane dai!” sembra quasi spazientirsi per la mia ingenuità.
“Va là che andava anche con le ragazzine” interviene immancabile la signora Giuliana avvolta in uno scialle fiorato.
“Osta pure con le ragazzine!” mi stupisco.
“Sì con le ragazzine di tredici anni” mi specifica con una smorfia di disgusto.
“Ma no dai, di tredici anni non credo, magari un po’ più grandi” le dico.
Ma lei non sembra convinta, “Io sapevo che avevano tredici anni, me l’ha detto il signor Piero” e lo indica.
“Ma che cazzo dici!” scalda i motori Piero, “T’ho detto che erano minorenni, mica che avevano tredici anni… stavo parlando di quella marocchina là, mi sembra che si chiamava Rudy che poi l’ha sputtanato”.
Ruby” specifico, “lei credo che avesse poco meno di diciotto anni”.
“Ecco appunto, quella là non capisce mica un cazzo” e indica con la testa la signora Giuliana che rimane però convinta della sua affermazione.
“Comunque era anche un gran ladro!” salta su la signora Mafalda con l’indice puntato al cielo.
“A chi rubava?” domando io alla platea in fermento.
“A noi italiani!” esclama Piero.
“Capisco” faccio io, “ma qualcuno l’ha mai votato?”.
Dal parterre si alza un coro di “no” accompagnato dalle solite smorfie di disgusto.
“Va là che Berlusconi è meglio di Renzo, altroché!”, è Edmondo a comparire sulla scena con il cappellino dei Boston Celtics e la carrozzina alimentata a catetere.
Renzi si chiama” lo corregge Piero.
“Non me ne frega un cazzo di come si chiama” tuona Edmondo, “questo è solo un impostore! Invece Berlusconi sì che era un uomo vero e con lui l’Italia stava meglio e se andava a puttane faceva bene, ci andavo anch’io e ne vado fiero!”.
“Eh sì, Berlusconi è proprio un uomo vero” gorgoglio io mentre sulla sala polivalente cala il silenzio.   




lunedì 2 novembre 2015

Eccoci pronti con la nostra consueta e attesissima rubrica del lunedì in compagnia di Hamin e del suo incredibile cambiamento.


LO PSICOLOGO NON SERVE A NIENTE?


Hamin è abbonato allo Sportello Ascolto, in ogni scuola in cui ho lavorato me lo sono puntualmente trovato di fronte.
Mi ricordo ancora la prima volta che ci siamo incontrati, alle medie, se ne stava lì seduto con lo sguardo basso e le braccia conserte. Me lo aveva spedito la sua professoressa di italiano perché lo sgridassi un po’ anch’io visto che oltre ad avere un rendimento piuttosto negativo utilizzava il cellulare in classe per inviare foto di donne nude ai compagni. Quella volta Hamin non ci voleva venire neanche morto allo Sportello infatti all’inizio rispondeva a monosillabi. Poi quando aveva capito che non ero lì per sgridarlo né punirlo, come avevano fatto tutti gli altri, si era sciolto e mi aveva raccontato della sua difficoltà, in questi anni, ad ambientarsi nel nostro paese.
Quando oggi Hamin ha fatto il suo ingresso allo Sportello ci siamo messi a ridere e quasi quasi ci volevamo abbracciare come due vecchi amici che si rincontrano per la consueta rimpatriata annuale.
E questa volta ha scelto lui, spontaneamente, di venire da me.
“Sai cosa mi è successo?” mi fa Hamin, “Che mi sono accettato, ho conosciuto me stesso e ho capito che voglio essere felice”.
“Prima non lo eri?”.
“No, prima ero sempre insoddisfatto di me, non accettavo i miei genitori, non accettavo la mia cultura e non mi sentivo accettato dagli altri. Mi vergognavo di essere nato in Bangladesh e di avere questa pelle scura. Poi con il passare del tempo ho imparato a parlare con me stesso e mi sono accorto che il problema non erano gli altri, ma io stesso che non ero capace di accettarmi. Per esempio ho fatto pace con la mia infanzia e ho capito che è stata unica e originale, come sono unico e originale io”.
“Ti trovo veramente diverso, più maturo, più consapevole” gli dico molto entusiasta.
“Mi sento proprio così, più consapevole… poi ho imparato anche ad accettare i miei sentimenti e a dire quello che provo. E’ come se avessi il cuore pieno di affetto da donare agli altri”.
“E’ bellissimo quello che dici”.
“E poi sono venuto qui per salutarti…”.
Lo guardo interrogativo.
“La prossima settimana parto con la mia famiglia per l’Inghilterra, mio padre ha trovato lavoro a Londra”.
“Un grande cambiamento” gli dico.
“Eh già” sospira, “e non potevo non dirti grazie prima di partire”.
“Per cosa Hamin?”.
“Ti ricordi la prima volta che ci siamo incontrati quando io facevo le medie?”.
“Certo” gli faccio.
“Ecco, sei stato il primo che non mi ha sgridato per quello che avevo fatto ma ha cercato di capirmi. Non sai quanto l’ho apprezzato”.
“Sono contento, davvero” e quasi mi commuovo.