lunedì 2 novembre 2015

Eccoci pronti con la nostra consueta e attesissima rubrica del lunedì in compagnia di Hamin e del suo incredibile cambiamento.


LO PSICOLOGO NON SERVE A NIENTE?


Hamin è abbonato allo Sportello Ascolto, in ogni scuola in cui ho lavorato me lo sono puntualmente trovato di fronte.
Mi ricordo ancora la prima volta che ci siamo incontrati, alle medie, se ne stava lì seduto con lo sguardo basso e le braccia conserte. Me lo aveva spedito la sua professoressa di italiano perché lo sgridassi un po’ anch’io visto che oltre ad avere un rendimento piuttosto negativo utilizzava il cellulare in classe per inviare foto di donne nude ai compagni. Quella volta Hamin non ci voleva venire neanche morto allo Sportello infatti all’inizio rispondeva a monosillabi. Poi quando aveva capito che non ero lì per sgridarlo né punirlo, come avevano fatto tutti gli altri, si era sciolto e mi aveva raccontato della sua difficoltà, in questi anni, ad ambientarsi nel nostro paese.
Quando oggi Hamin ha fatto il suo ingresso allo Sportello ci siamo messi a ridere e quasi quasi ci volevamo abbracciare come due vecchi amici che si rincontrano per la consueta rimpatriata annuale.
E questa volta ha scelto lui, spontaneamente, di venire da me.
“Sai cosa mi è successo?” mi fa Hamin, “Che mi sono accettato, ho conosciuto me stesso e ho capito che voglio essere felice”.
“Prima non lo eri?”.
“No, prima ero sempre insoddisfatto di me, non accettavo i miei genitori, non accettavo la mia cultura e non mi sentivo accettato dagli altri. Mi vergognavo di essere nato in Bangladesh e di avere questa pelle scura. Poi con il passare del tempo ho imparato a parlare con me stesso e mi sono accorto che il problema non erano gli altri, ma io stesso che non ero capace di accettarmi. Per esempio ho fatto pace con la mia infanzia e ho capito che è stata unica e originale, come sono unico e originale io”.
“Ti trovo veramente diverso, più maturo, più consapevole” gli dico molto entusiasta.
“Mi sento proprio così, più consapevole… poi ho imparato anche ad accettare i miei sentimenti e a dire quello che provo. E’ come se avessi il cuore pieno di affetto da donare agli altri”.
“E’ bellissimo quello che dici”.
“E poi sono venuto qui per salutarti…”.
Lo guardo interrogativo.
“La prossima settimana parto con la mia famiglia per l’Inghilterra, mio padre ha trovato lavoro a Londra”.
“Un grande cambiamento” gli dico.
“Eh già” sospira, “e non potevo non dirti grazie prima di partire”.
“Per cosa Hamin?”.
“Ti ricordi la prima volta che ci siamo incontrati quando io facevo le medie?”.
“Certo” gli faccio.
“Ecco, sei stato il primo che non mi ha sgridato per quello che avevo fatto ma ha cercato di capirmi. Non sai quanto l’ho apprezzato”.
“Sono contento, davvero” e quasi mi commuovo. 



Nessun commento:

Posta un commento