Eccoci pronti con
la nostra consueta e attesissima rubrica del lunedì in compagnia di Hamin e del
suo incredibile cambiamento.
LO
PSICOLOGO NON SERVE A NIENTE?
Hamin è abbonato
allo Sportello Ascolto, in ogni scuola in cui ho lavorato me lo sono
puntualmente trovato di fronte.
Mi ricordo
ancora la prima volta che ci siamo incontrati, alle medie, se ne stava lì
seduto con lo sguardo basso e le braccia conserte. Me lo aveva spedito la sua professoressa di italiano
perché lo sgridassi un po’ anch’io visto
che oltre ad avere un rendimento piuttosto negativo utilizzava il cellulare in
classe per inviare foto di donne nude ai compagni. Quella volta Hamin non ci
voleva venire neanche morto allo Sportello infatti all’inizio rispondeva a
monosillabi. Poi quando aveva capito che non ero lì per sgridarlo né punirlo,
come avevano fatto tutti gli altri, si era sciolto e mi aveva raccontato della
sua difficoltà, in questi anni, ad ambientarsi nel nostro paese.
Quando oggi
Hamin ha fatto il suo ingresso allo Sportello ci siamo messi a ridere e quasi
quasi ci volevamo abbracciare come due vecchi amici che si rincontrano per la
consueta rimpatriata annuale.
E questa volta
ha scelto lui, spontaneamente, di venire da me.
“Sai cosa mi è
successo?” mi fa Hamin, “Che mi sono accettato, ho conosciuto me stesso e ho
capito che voglio essere felice”.
“Prima non lo
eri?”.
“No, prima ero
sempre insoddisfatto di me, non accettavo i miei genitori, non accettavo la mia
cultura e non mi sentivo accettato dagli altri. Mi vergognavo di essere nato in
Bangladesh e di avere questa pelle scura. Poi con il passare del tempo ho
imparato a parlare con me stesso e mi sono accorto che il problema non erano gli
altri, ma io stesso che non ero capace di accettarmi. Per esempio ho fatto pace
con la mia infanzia e ho capito che è stata unica e originale, come sono unico
e originale io”.
“Ti trovo
veramente diverso, più maturo, più consapevole” gli dico molto entusiasta.
“Mi sento
proprio così, più consapevole… poi ho imparato anche ad accettare i miei
sentimenti e a dire quello che provo. E’ come se avessi il cuore pieno di
affetto da donare agli altri”.
“E’ bellissimo
quello che dici”.
“E poi sono
venuto qui per salutarti…”.
Lo guardo
interrogativo.
“La prossima
settimana parto con la mia famiglia per l’Inghilterra, mio padre ha trovato
lavoro a Londra”.
“Un grande
cambiamento” gli dico.
“Eh già”
sospira, “e non potevo non dirti grazie prima di partire”.
“Per cosa
Hamin?”.
“Ti ricordi la
prima volta che ci siamo incontrati quando io facevo le medie?”.
“Certo” gli
faccio.
“Ecco, sei stato
il primo che non mi ha sgridato per quello che avevo fatto ma ha cercato di
capirmi. Non sai quanto l’ho apprezzato”.
“Sono contento,
davvero” e quasi mi commuovo.
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