venerdì 26 febbraio 2016

Eccoci prontissimi con il penultimo atto del nostro breve racconto. Martina e la Bovina sono al punto decisivo...


CONSIDERAZIONI NOTTURNE E DINTORNI

Quarta puntata



La Rumena era risorta dalle ceneri, rimbalzava sulla terra con una spavalderia ritrovata. Mise una prima di servizio potente e precisa, all’incrocio delle righe.
Martina, o meglio, il suo fantasma, vide sfilare la pallina al suo fianco senza poter intervenire.
7 a 6.
Ci volle mezzo litro di acqua fresca dritto dritto in faccia per riemergere da quello stato di catatonia.
Le compagne ci credevano ancora e continuavano a incitarla con i soliti cori. Poi Martina si girò verso le tribune. Papà non c’era più.
Quando fu sulla linea di battuta, il campo dell’avversaria le sembrò minuscolo.
La Bovina era Gulliver, lei era una Lillipuziana.
Dalla racchetta le uscì il servizio più vigliacco della storia.
La Bovina scaraventò un dritto che bruciò l’aria.
8 a 6.
6-0/4-6/6-7 (6-8). Questo fu il verdetto.
La Rumena cominciò a rotolarsi tra la polvere rossa inseguita dalle compagne festanti. Un’ammucchiata di corpi sotto il solleone.
Martina fuggì nello spogliatoio. Si mise a sedere sulla panca con l’asciugamano in faccia. Vi rimase per un paio di minuti, fino a che fu raggiunta dalle compagne, Greta e Marta che cercarono di consolarla mentre lei stirava un sorriso come se la delusione le fosse già passata. Non voleva farsi compatire.
Sotto la doccia si strizzò il sedere. Lo vedeva informe. Un corpo estraneo infilato lì, come uno scherzo di carnevale, nel suo corpo.
Muovi quel culone!
Oggi quel culone, nei punti decisivi, era rimasto zavorrato al suolo.


venerdì 19 febbraio 2016

Eccoci prontissimi con l'imperdibile terza puntata del nostro breve racconto "Una partita infinita".



CONSIDERAZIONI NOTTURNE E DINTORNI

Terza puntata


Seconda di servizio.
Martina si guardò la mano per sincerarsi che fosse ancora attaccata al corpo. Sembrava che ora rispondesse agli impulsi cerebrali.
E’ ora di chiudere la pratica!, pensò.
Con un battito di ciglia magico fece scomparire tutti gli astanti. Immaginò lei e la Bovina in un campo da tennis su un’isola deserta.
Questa volta il braccio rispose e il servizio costrinse la Bovina a un colpo di rovescio piuttosto debole a metà campo.
Sarebbe bastato un dritto leggermente più spinto e la Rumena sarebbe rimasta impotente e immobile sulla linea di fondo.
Martina, però, non se la sentì di affondare e decise per un palleggio interlocutorio.
Mordila quella pallina!
Un paio di scambi telefonati in cui nessuna delle due si azzardò a forzare.
Mordila quella pallina! Fu la Bovina a prendere coraggio.
Lo squalo sentiva l’odore del sangue.
Cominciò a tirare colpi più pesanti sul rovescio dell’avversaria.
Fu allora che Martina vide il campo rimpicciolirsi e la Rumena gonfiarsi.
La Bovina continuava a prendere campo e a menare, fino a che, con un siluro di dritto, si portò sul 6 a 5. Fece il pugnetto e urlò un sììì che lo sentirono anche al suo paese.
Ne ho ancora uno, pensò Martina.
Le incitazioni delle compagne arrivavano ovattate, come provenienti da un mondo parallelo. Papà, sulle tribune, era un terribile fermo immagine.
Martina si versò un mezzo litro d’acqua in faccia, si asciugò mani e viso e bevve un sorso di gatorade.
Si sentì rinascere.
La Bovina e il campo tornarono ad assumere sembianze reali.
La prima di servizio della Rumena naufragò a metà rete.
E’ fatta, pensò Martina.
Si mise in posizione di risposta, fece due passi avanti, spavalda.
Nascondi la paura, innervosisci l’avversaria, erano i consigli di papà.
La coppa era sua. Non c’era dubbio. Poi sarebbe volata a Roma.
La Bovina chiese tempo, doveva allacciarsi una scarpa. In realtà il laccio era perfetto, ci pensò lei, maliziosa, a chinarsi e a scioglierlo.
Quindi si rimise in piedi, cominciò a saltellare e dopo essersi tamponata il sudore e aggiustata le mutande, finalmente servì.
Martina fece due passi avanti per aggredire la pallina e presentarsi a rete a chiudere il colpo.
Mordila quella pallina! Le partì un colpo piatto verso l’incrocio delle righe.
La Rumena si sbilanciò sulla destra, vide la sua avversaria a pochi metri dalla rete e anziché sparare un passante che sarebbe finito preda dell’avversaria, giocò un pallonetto.
Martina osservò la pallina incendiarsi al sole e pregò.
Rimase immobile seguendo con lo sguardo la parabola discendente.
Sembrava non dovesse mai toccare terra. Invece pizzicò la riga di fondo campo.
6 a 6.
Martina abbassò lo sguardo, si vergognava di se stessa.

lunedì 15 febbraio 2016

Eccoci prontissimi con la nostra rubrica del lunedì in compagnia di Noemi.


LO PSICOLOGO NON SERVE A NIENTE?


"Io non sono quasi mai stata felice" mi dice Noemi una ragazzina di quindici anni con i capelli lilla tipo Creamy, la protagonista di un cartone animato degli anni '80, "L'unico che riusciva a farmi sorridere era Maicol".
"Parli al passato" le faccio notare.
"Eh già" e sospira, "quando stavo con lui ero felice, ma proprio da dentro. Ho quindici anni e forse non so niente sull'amore ma sono sicura che quello lo era. Ma poi...".
"Che è successo?" le domando.
"Mi ha detto che era innamorato pazzo di me ma poi all'improvviso è sparito, puf... mi ha tolto da facebook e mi ha bloccato su whatsapp poi ho scoperto che si era messo con un'altra" e quasi si commuove, "e io sarei morta senza i miei migliori amici".
"Raccontami bene".
"Non mangiavo più, non dormivo e ho anche pensato al suicidio e loro mi sono stati vicini, mi hanno capito, ascoltato e così mi sono risollevata" esita un attimo poi mi domanda, "sai che cosa?".
"Dimmi pure" le faccio.
"Molti sottovalutano la parola amicizia ma è un sentimento che è più forte anche dell'amore. Il vero amico capisce che sto male anche se dico che va tutto bene, mi capisci?".
"Certo, ti capisco bene".
"Cioè il vero amico non è come quelli che quando gli racconti il tuo problema capovolgono il discorso e parlano di loro stessi. I veri amici ti ascoltano e stop! L'unica cosa è che non credo al per sempre, purtroppo un giorno prenderemo strade diverse e non ci sentiremo più".
"Quindi non credi che l'amicizia sia per sempre?" le domando.
Noemi si sistema quei morbidi capelli lilla, mi scruta di sottecchi quindi mi fa, "Bè a dir la verità con Selma è diverso, lei ha tirato fuori tutto il meglio di me... e forse saremo amiche per sempre".


venerdì 12 febbraio 2016

Eccoci pronti con la seconda puntata dell'attesissimo breve racconto "Una partita infinita". La nostra Martina è a un passo dalla sua prima vittoria ma deve fare i conti con un'avversaria che non ha intenzione di arrendersi. Buona partita!


CONSIDERAZIONI NOTTURNE E DINTORNI

Seconda puntata


Provo un servizio liftato al corpo, pensò.
Tre rimbalzi e i capelli dietro alle orecchie.
L’impatto della racchetta sulla pallina risultò più insicuro. Troppo insicuro. La Bovina si schiodò dalla linea di fondo, fece tre passi avanti e scagliò un dritto pesante come uno scaldabagno. Martina poté solo osservare la pallina dissodare un lembo di terra rossa e naufragare su un cartellone pubblicitario.
6-4.
Ancora due match point.
Il primo sul suo servizio, il secondo su quello della Bovina.
Quando la raccattapalle le lanciò due palline, Martina ebbe un moto di ottimismo. Scrutò le compagne del suo circolo e il maestro Mauro Boggi assiepati sulle tribunette a ridosso del campo. Scandivano qualche coretto di incitamento.
“M-A-R-T-I M-A-R-T-I!”.
Al prossimo punto si sarebbero riversate in campo schizzandola con l’acqua delle bottigliette e soffocandola di abbracci. Il loro era un circolo affiatato. Perdente ma affiatato. Poi avrebbe visto la sua coppa luccicare al sole, l’avrebbe baciata per sincerarsi che fosse reale e non il solito sogno a occhi aperti. Una volta a casa l’avrebbe piazzata nella bacheca in salotto, accanto a quella di papà che trasbordava di riconoscimenti e targhe. La prima coppa vera, da vincente.
Si accorse che sparsi qua e là per la tribuna c’erano un paio di personaggi ignoti, molto attenti alle sorti del match.
Forse osservatori, pensò.
Il cuore iniziò a batterle più forte e la colse una certa impazienza.
Chi era quel signore di mezza età vestito elegante che fissava serio la partita?
Poteva essere, per esempio, un importante talent scout. Immaginò il suo allenatore entrare nello spogliatoio e annunciarle, “
Marti, c’è un signore che ti cerca”.
Sarebbe uscita con il cuore in gola, le gambe tremanti e sarebbe quasi svenuta quando il signore le avrebbe comunicato che un importante circolo di Roma era interessato alle sue prestazioni. Il primo pensiero sarebbe stato quello di correre da papà.
Hai visto, tua figlia non è una delusione! Sei contento di me?
Martina saltellò per sciogliere i muscoli e alzò gli occhi verso la Bovina già in posizione di risposta. Le sembrò ancora più rotonda e pesante.
Strizzò gli occhi. Quando li riaprì la metà campo della sua avversaria si era rimpicciolita.
E’ un’illusione ottica, si incoraggiò.
Fece rimbalzare la pallina tre volte, si aggiustò i capelli, e poi la lanciò in aria. Il braccio, quando fu in procinto di indirizzare la racchetta, smise di appartenere al suo corpo, come in un maleficio.
Mano della famiglia Addams. Ecco l’immagine che le si accese nella testa quando osservò la pallina sbavare fuori dal campo a lato di un metro e mezzo.
Un arto che andava per conto proprio e prendeva iniziative proprie.


venerdì 5 febbraio 2016

Finalmente riprende vita la nostra rubrica del venerdì con un breve racconto a puntate, "Una partita infinita". Riuscirà la tredicenne Martina, campionessa in erba di tennis, a sconfiggere la temibile avversaria Bojena Micu? Buona partita.


CONSIDERAZIONI NOTTURNE E DINTORNI

Prima puntata


Martina colpì la pallina con un dritto incrociato che non lasciò scampo a Bojena Micu.
6-3.
Tre match point.
Strinse il pugno e lo roteò in aria, poi se ne pentì. Il suo grillo parlante personale le frinì di rimanere con i piedi per terra. Non era ancora finita.
Finita finita no, ma occorreva un solo misero punticino per vincere il suo primo torneo, all’età di tredici anni, dopo innumerevoli sconfitte ai quarti o in semifinale.
Sul suo cammino una giocatrice di origine rumena del rivalissimo circolo di Cesenatico. Bojena Micu, soprannominata Bovina per via di uno sguardo non particolarmente reattivo. A vederla sembrava sua mamma.
Tredici anni, mandibola sporgente, due spalle da scaricatrice di frutta e un serbatoio di testosterone. Colpi pesanti ma una tenuta fisica che lasciava a desiderare.
Quella mattina la giunonica Bovina era sulle gambe. Ad una spanna dal ko.
Martina cercò in tribuna lo sguardo d’approvazione di papà. Si trovò, ancora una volta, a elemosinare un suo misero sorriso. Le sarebbe bastata anche una smorfia di trepidazione.
Invece Giovanni Miege, professore di matematica e illustrissimo insegnante di tennis al club ippodromo, se ne stava lì sul seggiolino in plastica, incurvato, con i gomiti sulle ginocchia, le mani incrociate sotto al mento, gli occhiali da sole con la cordicella intorno al collo e le labbra di cera.
Martina cercò di giustificarlo. Forse era nervoso.
Papà quando è nervoso si chiude, pensò.
Un solo punto e sarebbe esploso di gioia. Anche se, quando si trattava di sua figlia, era sempre piuttosto misurato. Anzi brutale. Sì, papà con lei era brutale.
Si asciugò la fronte con il polsino. Si mise in posizione di battuta. Alzò lo sguardo al cielo. Il sole era ormai allo zenit e i suoi raggi colavano sul rettangolo di gioco.
Fece rimbalzare tre volte la pallina sulla terra rossa, poi si aggiustò i capelli dietro le orecchie.
Era il suo rito prima dei punti decisivi.
Un’occhiata alla Bovina che la fissava saltellando e soffiando sul palmo della mano per asciugare il sudore.
Un servizio esterno sarebbe stata la soluzione migliore. Sul rovescio poco mobile della sua avversaria.
La pallina lanciata verso il sole sembrò infuocarsi e l’impatto della racchetta fu preciso e lievemente liftato.
La Bovina rimase cementata sulla riga di fondo.
“Out!”, gridò la cornacchia sul trespolo.
Martina le sferrò un’occhiata tra l’accusa e la supplica.
L'impietosa cornacchia, dal canto suo, le fece cenno che era fuori di un’unghia.