venerdì 19 febbraio 2016

Eccoci prontissimi con l'imperdibile terza puntata del nostro breve racconto "Una partita infinita".



CONSIDERAZIONI NOTTURNE E DINTORNI

Terza puntata


Seconda di servizio.
Martina si guardò la mano per sincerarsi che fosse ancora attaccata al corpo. Sembrava che ora rispondesse agli impulsi cerebrali.
E’ ora di chiudere la pratica!, pensò.
Con un battito di ciglia magico fece scomparire tutti gli astanti. Immaginò lei e la Bovina in un campo da tennis su un’isola deserta.
Questa volta il braccio rispose e il servizio costrinse la Bovina a un colpo di rovescio piuttosto debole a metà campo.
Sarebbe bastato un dritto leggermente più spinto e la Rumena sarebbe rimasta impotente e immobile sulla linea di fondo.
Martina, però, non se la sentì di affondare e decise per un palleggio interlocutorio.
Mordila quella pallina!
Un paio di scambi telefonati in cui nessuna delle due si azzardò a forzare.
Mordila quella pallina! Fu la Bovina a prendere coraggio.
Lo squalo sentiva l’odore del sangue.
Cominciò a tirare colpi più pesanti sul rovescio dell’avversaria.
Fu allora che Martina vide il campo rimpicciolirsi e la Rumena gonfiarsi.
La Bovina continuava a prendere campo e a menare, fino a che, con un siluro di dritto, si portò sul 6 a 5. Fece il pugnetto e urlò un sììì che lo sentirono anche al suo paese.
Ne ho ancora uno, pensò Martina.
Le incitazioni delle compagne arrivavano ovattate, come provenienti da un mondo parallelo. Papà, sulle tribune, era un terribile fermo immagine.
Martina si versò un mezzo litro d’acqua in faccia, si asciugò mani e viso e bevve un sorso di gatorade.
Si sentì rinascere.
La Bovina e il campo tornarono ad assumere sembianze reali.
La prima di servizio della Rumena naufragò a metà rete.
E’ fatta, pensò Martina.
Si mise in posizione di risposta, fece due passi avanti, spavalda.
Nascondi la paura, innervosisci l’avversaria, erano i consigli di papà.
La coppa era sua. Non c’era dubbio. Poi sarebbe volata a Roma.
La Bovina chiese tempo, doveva allacciarsi una scarpa. In realtà il laccio era perfetto, ci pensò lei, maliziosa, a chinarsi e a scioglierlo.
Quindi si rimise in piedi, cominciò a saltellare e dopo essersi tamponata il sudore e aggiustata le mutande, finalmente servì.
Martina fece due passi avanti per aggredire la pallina e presentarsi a rete a chiudere il colpo.
Mordila quella pallina! Le partì un colpo piatto verso l’incrocio delle righe.
La Rumena si sbilanciò sulla destra, vide la sua avversaria a pochi metri dalla rete e anziché sparare un passante che sarebbe finito preda dell’avversaria, giocò un pallonetto.
Martina osservò la pallina incendiarsi al sole e pregò.
Rimase immobile seguendo con lo sguardo la parabola discendente.
Sembrava non dovesse mai toccare terra. Invece pizzicò la riga di fondo campo.
6 a 6.
Martina abbassò lo sguardo, si vergognava di se stessa.

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