CONSIDERAZIONI NOTTURNE E DINTORNI
Se
fate i vostri conti, i ragazzi che completano il corso di studi vivranno almeno
tredici “ultimi giorni di scuola”, ovviamente qualcuno in più se si viene
segati. Ma il vero e autentico “Ultimo giorno di scuola”, quello appunto con la
“U” maiuscola, è solo uno.
E
io me lo ricordo bene quello con la “U” maiuscola, per intenderci della terza
liceo, o come si dice per non creare confusione del quinto e ultimo anno.
Mancano
pochi minuti a quella campanella che nella mia vita non avrei mai più sentito.
E già allora l’avverbio mai, così
come l’avverbio sempre, mi faceva
venire l’angoscia solo a pensarci. Sarà perché sono un abitudinario e ho sempre, appunto, fatto fatica a lasciare
qualcosa o qualcuno.
E’
il lontano ’97, Nello, Lobo, Gordon, Toni, Lava, Alan e io siamo seduti sui
gradini polverosi del terzo piano e sembriamo un gruppo di nostalgici sfigati
del pianeta terra pronti per essere spediti su Marte. Proprio così, credo che
tutti in quel momento sentissimo l’attesa della campanella come il preludio a un
viaggio senza ritorno verso un luogo pericoloso e sconosciuto.
“Te
lo ricordi il primo giorno di scuola?”, sono io a rompere il silenzio, “Te Nello avevi un maglioncino uguale uguale a quello che si mette mio nonno la
domenica… per non parlare della riga da una parte” e scoppiamo tutti a ridere.
“Stai
zitto valà che eri alto un metro e un cazzo e avevi l’apparecchio” ribatte
Nello che intanto mi rifila un pugno sulla spalla.
“Quando
vi ho visto per la prima volta ho pensato
che compagni sfigati mi sono capitati!”.
“Perché
te invece no?” salta su Toni con un sorrisetto beffardo.
“Sì,
forse anch’io” ammetto.
“Eravamo
fuori moda, fuori dai gruppi, fuori da tutto, e abbiamo iniziato a stare sempre
tra di noi” fa Lobo.
“Tra
sfigati appunto… E’ sempre così, si sta con i propri simili”, è Toni a parlare.
“Gli
altri al sabato andavano in discoteca al Vidia e noi facevamo i pigiama party”, scuote la
testa Gordon.
“Ma
dove andavamo con quelle facce!?!” interviene Lobo, “Lava che sembrava un mezzo
finocchio, Toni che andava in giro con la felpa del Milan, Nello sempre sui
greppi con la bicicletta, per non parlare di voi” e con lo sguardo passa in
rassegna Alan, Gordon e il sottoscritto.
“Te
stai zitto che scoreggiavi in classe” gli faccio sardonico.
“A
dì mi scappavano”.
Dopo
un attimo di silenzio è Alan che prende la parola, “Non vi accorgete che state
parlando solo del passato?”.
“Sì
è vero, sembriamo quei vecchietti al parco che ricordano i tempi andati”
conferma Gordon.
“E’
che il futuro ci fa paura, chissà come saremo tra vent’anni…” faccio io.
“Tu
sarai pelato come tuo padre!” ribatte Nello che non riesce proprio a fare il
serio.
“Di
sicuro non ci perderemo mai”, Toni fa appena in tempo a sparare la frase da libro “Cuore” che suona la nostra ultima
campanella, direzione Marte.
“E’ finita anche questa!” farfuglio tra me e me, “E adesso cosa sarà di
noi?”.
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