LO PSICOLOGO NON SERVE A NIENTE?
Oggi
mentre salgo le scale di un istituto professionale mi imbatto in un gruppetto
di ragazzi e noto in particolare un tipo che tra qualche anno potrebbe fare il
tronista dalla De Filippi. Bel fisico, pettinatura rasata sotto e più lunga
sopra e abbigliamento all’ultima moda con quei bei risvolti nei pantaloni come
vanno adesso (anche se a me sembrano piuttosto da gara di pesca al lago Lungo).
Le ragazze gli sorridono e ammiccano e si vede che a lui piace stare al centro
dell’attenzione.
Il
primo ragazzo con cui ho appuntamento oggi è un certo Samuele che non ho mai
visto prima. Sento bussare e quando dico “avanti” mi trovo di fronte il tipo di
cui parlavo poco sopra con i pantaloni da gara di pesca.
Mi
sembra diverso da come l’ho visto prima in mezzo ai coetanei, meno spavaldo e
molto più ansioso, addirittura ha la bocca un po’ impastata e muove
nervosamente la gamba.
“Ho
paura” mi dice.
“Di
cosa?” chiedo.
“Di
uscire da qui. Non so se sono pronto, dentro mi sento ancora un bambino. Mi
mancherà un po’ tutto di questa scuola. Eppure…” mi fa mentre comincia a
mangiucchiarsi le unghie.
“Eppure?”.
“Eppure
è da quando ho iniziato la scuola che aspettavo questo momento: arrivare in
quinta e liberarmi dello studio. E invece ora vorrei tornare in prima, anzi
vorrei tornare bambino, senza pensieri e senza responsabilità. In un certo
senso la scuola è come una culla. Se penso che tra qualche giorno ci sarà la
festa dei cento giorni, cioè
mancheranno cento giorni alla fine, mi sento come un magone qui dentro” e mi
indica il petto, “E’ come se avessi già nostalgia”.
“Mi
sembra di capire che hai un po’ paura del futuro e dei cambiamenti” gli faccio.
“Non
lo so, so solo che ho paura di crescere” mi dice con gli occhi lucidi.
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