CONSIDERAZIONI NOTTURNE E DINTORNI
Ode alle cabine telefoniche. Parte seconda.
Vi assicuro che ci hanno messo meno tempo i Greci a conquistare Troia che io a conquistare Marika, una ragazza di quarta ginnasio, mentre io facevo la prima liceo, che mi piaceva da matti.
Infatti
dopo che ho impiegato due mesi per rivolgerle la parola, durante un’assemblea
d’istituto, e scoprire il suo cognome, ho impiegato un altro mese per
estrapolare dall’elenco tre numeri di telefono che potessero corrispondere a
quello di casa sua.
Così
un pomeriggio mi sono deciso. Ho preso il coraggio a due mani e sono partito
per la grande impresa. Ho trafugato un bel po’ di spillatico dal portafoglio di
mamma e con zero gradi e la neve che cominciava a scendere mi sono barricato
dentro la cabina telefonica.
Ho
infilato duecento lire a raffica e digitato il primo numero con il cuore che mi
pulsava nelle tempie.
“Pronto!”,
è stata una voce femminile a rispondere.
“Buongiorno,
c’è Marika?” ho chiesto un po’ intimidito.
“Chiii?”
ha fatto la voce dall’altro capo della cornetta.
“Marika”
ho risposto più deciso.
“Non
compriamo niente noi” e ha riattaccato.
Ho
digitato il secondo numero ma non ha risposto nessuno. A quel punto mi rimaneva
solo l’ultima cartuccia da sparare.
Dopo
un’infinità di squilli, avvilito, ero sul punto di buttare giù quando ho
sentito rispondere “Pronto!”.
Era
la nonna di Marika che però non capiva chi fossi, anche perché io rimanevo
mooolto sul vago, e allora la signora bofonchiando qualche improperio ha
passato la cornetta al nonno ma nemmeno lui capiva chi fosse ‘sto amico di
scuola quindi alla fine è dovuto intervenire il padre in persona che con la
voce impostata mi ha fatto il terzo grado e per poco non mi sottoponeva alla
macchina della verità.
Così
prima ancora di parlare con Marika avevo conosciuto buona parte del suo albero
genealogico.
Comunque
Marika ed io quel pomeriggio abbiamo parlato un sacco di tempo e non mi
accorgevo nemmeno che i piedi e le mani mi si stavano assiderando. Nel
frattempo ho conosciuto anche la sorella grande che esigeva il telefono entro
due secondi e la mamma che è entrata in camera ordinando alla figlia di mettere
immediatamente giù.
E
alla fine quando sono uscito da quella astronavicella rossa con la promessa che
ci saremmo visti l’indomani pomeriggio in centro e con le neve che mi
scricchiolava sotto le scarpe, mi sentivo invincibile come Ulisse dopo la
conquista di Troia.
Ero
pronto a partire per la mia Odissea.
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