LO PSICOLOGO NON SERVE A NIENTE?
Oggi
ho davanti a me Rebecca, una ragazza di sedici anni con i capelli neri e le meches
azzurre ma soprattutto due grandi occhi tristi.
“Dalle
elementari mi considerano un’asociale” mi dice.
“E
tu credi che sia così?”.
“Sì,
credo che sia vero, non volevo parlare con nessuno”.
“Perché,
Rebecca?”.
“E’
molto difficile parlare con le altre persone, e poi” esita un attimo, “e poi a
me non piace legare”.
“Ti
fa paura legare?”.
Rebecca
abbassa i suoi grandi occhi tristi e fa, “Da piccola mi dicevano che le cose fanno male”.
“Spiegami
bene che cosa sono le cose… e scusa
il gioco di parole”, le sorrido.
“Le
cose sono i sentimenti e forse le
persone, almeno credo io”.
“Quindi
ti hanno detto che le cose fanno male e tu hai interpretato che fossero i
sentimenti e le persone?”.
“Proprio
così!”, rimane un attimo in silenzio, “Eppure…”.
“Eppure?”
le faccio eco.
“Eppure
quando è morta mia nonna e sono andata al suo funerale, c’erano pochissime
persone e mi è venuta una grande paura…”.
“Quale?”.
“Di
rimanere sola, di morire da sola, proprio come mia nonna” mi dice mentre le si
inumidiscono i grandi occhi tristi.
“Quindi
ricerchi la solitudine ma in realtà ne hai paura” le faccio.
Rebecca
annuisce e cerca con tutte le sue forze di trattenere le lacrime poi sussurra,
“Scusa”.
“E
perché mi chiedi scusa?”.
“Perché
mi sono commossa”.
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