LO PSICOLOGO NON SERVE A NIENTE?
Mila è una ragazza
marocchina, bellissima. Più che una studentessa sembra una velina: alta, magra,
con i capelli neri che le cadono sulle spalle come una nuvola d’inchiostro.
Quando cammina per i corridoi della scuola sembra che sfili e sa bene che
tutti, nessuno escluso, si girano a guardarla.
Ora è qui allo
Sportello, di fronte a me, e la sua espressione può essere descritta con un
ossimoro: malinconicamente sorridente.
“In Marocco non vivevo
bene” mi dice, “non appartengo più a quel paese, non so a che paese appartengo,
non so nemmeno quale sia la mia identità”.
“Mi pare di capire che
ti senti come in una terra di mezzo” le faccio.
“Proprio così”, esita un
attimo, “se qui in Italia mi comporto da marocchina non mi trovo ma se prendo
la mentalità italiana poi non sono più accettata dai miei”.
“Tu, Mila, cosa
vorresti?” le domando.
“Io per esempio ho tanti
sogni, vorrei fare la modella, mi piace stare al centro dell’attenzione, essere
fotografata” sorride un po’ imbarazzata, “ma i miei non lo accetterebbero
perché vogliono che io mi comporti da mussulmana”.
“Cosa succederebbe se tu
seguissi i tuoi sogni?”.
“Perderei il rapporto
con i miei e soprattutto con mio padre” si commuove, “io vivo per rendere fiero
mio padre… Eppure… ”.
“Eppure?”.
“Eppure non voglio fare
la fine delle donne della mia famiglia”.
“Cioè?”.
“Sono tutte
insoddisfatte e io so bene che rimpiangono il loro passato per non aver fatto
quello che desideravano. E poi io non voglio mettermi il velo”.
“I tuoi vorrebbero che
lo portassi?”.
“Sì, ma non è che se lo
porti sei migliore. Te lo devi sentire e io ora non lo sento. Quando sono
andata in Marocco tutte avevano il velo e mi sentivo emarginata, così ho pensato
di metterlo anch’io ma poi una volta tornata in Italia ho cambiato idea”.
Rimaniamo un attimo in
silenzio poi mi fa, “Sai che parlando ad alta voce ho capito una cosa?”.
“Quale?”.
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