lunedì 7 settembre 2015

Eccoci pronti con l'attesissima rubrica del lunedì in compagnia di Natascia


LO PSICOLOGO NON SERVE A NIENTE?


Terza, e ultima, parte


Ho imparato a capire che quando Natascia si tortura quel pearcing che ha infilzato nel setto nasale e comincia ad attorcigliarsi i capelli attorno alle dita significa che è nervosa e sta per affrontare un discorso molto delicato.
“L’altra volta non mi sentivo pronta a parlare di certe cose” si giustifica quasi.
“Non ti preoccupare, ognuno ha i suoi tempi”.
“E’ una questione di fiducia, mi capisci?” e mi fissa con quegli occhi pieni di matita nera.
“Certo, credo che la fiducia sia alla base di tutti i rapporti” le confermo.
“E’ come se in questi colloqui ti avessi involontariamente messo alla prova”.
“E?” le domando.
“E ho l’impressione che nonostante i pearcing, i capelli blu e i comportamenti non sempre adeguati tu non mi abbia mai giudicato” mi dice con una lucidità che se devo essere sincero non mi sarei aspettato.
“Certo, io non sono qui per giudicarti”.
“Quello che ti sto per dire l’ho già dovuto ripetere a quelli dei servizi sociali ma tanto alla fine non risolvono niente” fa Natascia con una smorfia di rabbia.
Io annuisco e lei riprende con un sospiro, “E’ stato a inizio anno, mia mamma è dovuta andare in Romania dalla nonna e io sono rimasta con quello là. Pensare che prima di quei giorni andavamo abbastanza d’accordo e lui a volte era anche più presente di mamma, forse voleva fare un po’ troppo il padre”.
Io continuo ad annuire senza interromperla.
“Quei giorni, te lo giuro, sono stati un inferno” ora gli occhi neri di Natascia sono un misto di paura e rancore, “ha cominciato una sera sul divano a farsi troppo vicino, qualche complimento e qualche carezza. Poi anche la sera dopo e quella dopo ancora ma io mi allontanavo e poi me ne andavo in camera”.
“Gesti che non aveva mai fatto?” le chiedo.
“Forse qualche complimento, qualche carezza sui capelli ma in quelle sere era diverso” si ferma un attimo, “forse capisci cosa intendo… se ci ripenso mi viene da vomitare”.
“Immagino” mi limito a dire.
“Comunque una sera lo stronzo si fa più pressante, prova a mettermi la mano e io ero completamente paralizzata, te lo giuro. Non so come ma a un certo punto ho trovato la forza per scappare in camera. Tremavo e piangevo ma pensavo di essermela cavata e invece alla notte me lo sono ritrovato sopra di me. Non mi lasciava andare quel bastardo fino a che sono riuscita a dargli un calcio nelle palle e mentre rotolava per terra e mi dava della puttana sono scappata in strada. Pensa che ero a piedi nudi e con il pigiama. A quel punto così com’ero sono corsa in caserma”.
“Sei stata molto forte Natascia davvero”.
“Eppure…” mi dice mentre si attorciglia i capelli come a volerseli staccare.
“Eppure?”.
“Eppure quello stronzo è ancora dentro casa e la cosa più brutta è che mia mamma non mi crede, anzi sembra che nessuno mi creda” ora sta trattenendo le lacrime, “solo Angelo, il mio moroso. Mi ha detto che se il bastardo lo rifà un'altra volta lo ammazza”.
“Angelo è l’unico che ti crede?”.
Natascia annuisce poi mi domanda fissandomi dritto negli occhi, “Sai cosa mi succede?”.
“Che cosa ti succede?”.
“Che in tutta questa storia sono io a sentirmi in colpa”.

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