LO PSICOLOGO NON SERVE A NIENTE?
Terza, e ultima, parte
Ho imparato a capire che
quando Natascia si tortura quel pearcing che ha infilzato nel setto nasale e
comincia ad attorcigliarsi i capelli attorno alle dita significa che è nervosa
e sta per affrontare un discorso molto delicato.
“L’altra volta non mi
sentivo pronta a parlare di certe cose” si giustifica quasi.
“Non ti preoccupare,
ognuno ha i suoi tempi”.
“E’ una questione di
fiducia, mi capisci?” e mi fissa con quegli occhi pieni di matita nera.
“Certo, credo che la
fiducia sia alla base di tutti i rapporti” le confermo.
“E’ come se in questi
colloqui ti avessi involontariamente messo alla prova”.
“E?” le domando.
“E ho l’impressione che
nonostante i pearcing, i capelli blu e i comportamenti non sempre adeguati tu
non mi abbia mai giudicato” mi dice con una lucidità
che se devo essere sincero non mi sarei aspettato.
“Certo, io non sono qui
per giudicarti”.
“Quello che ti sto per
dire l’ho già dovuto ripetere a quelli dei servizi sociali ma tanto alla fine
non risolvono niente” fa Natascia con una smorfia di rabbia.
Io annuisco e lei
riprende con un sospiro, “E’ stato a inizio anno, mia mamma è dovuta andare in
Romania dalla nonna e io sono rimasta con quello
là. Pensare che prima di quei giorni andavamo abbastanza d’accordo e lui a
volte era anche più presente di mamma, forse voleva fare un po’ troppo il
padre”.
Io continuo ad annuire
senza interromperla.
“Quei giorni, te lo
giuro, sono stati un inferno” ora gli occhi neri di Natascia sono un misto di
paura e rancore, “ha cominciato una sera sul divano a farsi troppo vicino,
qualche complimento e qualche carezza. Poi anche la sera dopo e quella dopo
ancora ma io mi allontanavo e poi me ne andavo in camera”.
“Gesti che non aveva mai
fatto?” le chiedo.
“Forse qualche
complimento, qualche carezza sui capelli ma in quelle sere era diverso” si
ferma un attimo, “forse capisci cosa intendo… se ci ripenso mi viene da
vomitare”.
“Immagino” mi limito a
dire.
“Comunque una sera lo
stronzo si fa più pressante, prova a mettermi la mano lì e io ero completamente paralizzata, te lo giuro. Non so come ma
a un certo punto ho trovato la forza per scappare in camera. Tremavo e piangevo
ma pensavo di essermela cavata e invece alla notte me lo sono ritrovato sopra
di me. Non mi lasciava andare quel bastardo fino a che sono riuscita a dargli
un calcio nelle palle e mentre rotolava per terra e mi dava della puttana sono
scappata in strada. Pensa che ero a piedi nudi e con il pigiama. A quel punto
così com’ero sono corsa in caserma”.
“Sei stata molto forte
Natascia davvero”.
“Eppure…” mi dice mentre
si attorciglia i capelli come a volerseli staccare.
“Eppure?”.
“Eppure quello stronzo è
ancora dentro casa e la cosa più brutta è che mia mamma non mi crede, anzi
sembra che nessuno mi creda” ora sta trattenendo le lacrime, “solo Angelo, il
mio moroso. Mi ha detto che se il bastardo lo rifà un'altra volta lo ammazza”.
“Angelo è l’unico che ti
crede?”.
Natascia annuisce poi mi
domanda fissandomi dritto negli occhi, “Sai cosa mi succede?”.
“Che cosa ti succede?”.
“Che in tutta questa storia sono io a sentirmi
in colpa”.
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